Basta guardare la scaletta del Tg1 di Minzolini per capire quanto lo ‘scandalo Ruby’ sia stato derubricato dal servizio pubblico ad argomento di poco interesse. Lo scorso 25 gennaio, infatti, nel giorno in cui i magistrati di Milano hanno inviato alla Giunta per le autorizzazioni a procedere di Montecitorio un altro faldone di 227 pagine su escort e festini a luci rosse a casa di Silvio Berlusconi, il Tg1 ha fatto scivolare la notizia in sesta posizione, preceduta, fra gli altri, dal delitto di via Poma e dalla vicenda della casa di Montecarlo, pungolo del Pdl contro il Presidente della Camera. Ne risulta che la presunzione di innocenza del premier perpetrata dall’informazione di centrodestra si confonde con la legittimazione della menzogna e la negazione dei fatti. Secondo Oreste Pollicino, professore di diritto dell’informazione e della comunicazione della Bocconi, si tratta di una “pessima strategia mediatica”. Pollicino è coordinatore di Medialaws, blog multilingue di diritto comparato sui media in Europa, Usa e Sudamerica con un particolare focus sulle nuove tecnologie. “Chi nega le evidenze”, prosegue, “è vittima di un errore strategico. Consiglierei quindi di non occultare le prove. Il mondo dei media italiano vive una grande contraddizione: da una parte fa gossip, dall’altra ignora la realtà. E così non si rende credibile”.

Il ‘gossip’ a cui fa riferimento Pollicino consiste nelle pagine di intercettazioni pubblicate dai giornali. Riportare le trascrizioni di quanto avrebbe detto il consigliere regionale Nicole Minetti (“Non me ne fotte un cazzo se lui è il presidente del Consiglio o, cioè, è un vecchio e basta. […] Si sta comportando da pezzo di merda pur di salvare il suo culo flaccido”), le considerazioni di Barbara Faggioli su eventuali candidature politiche (“A lui gli fa comodo mettere te [Nicole Minetti, ndr] e me in Parlamento perché dice, bene me le sono levate dai coglioni, lo stipendio lo paga lo Stato”) o gli stralci del verbale della danzatrice del ventre Maria MakDoum che descrive la sua serata ad Arcore (“Poi la ragazza brasiliana ballava la samba in maniera hard. Il presidente le toccava il seno e altre parti intime”) non assolverebbe a una funzione informativa. All’estero, ad esempio, non le avrebbero usate allo stesso modo. “In paesi dove la pressione mediatica induce la politica a scelte improvvise e decisioni accelerate, come Regno Unito, Stati uniti e paesi scandinavi, sarebbe esploso un analogo ‘caso Ruby’, ma non avremmo visto l’interesse morboso per il singolo episodio ma una maggiore compatezza per creare dibattito e mobilitazione intorno alla moralità della politica”.

Tuttavia in Italia le questioni etiche che riguardano il nostro Presidente del Consiglio non hanno sortito finora alcun effetto reale, ragione che porta i nostri media ad esaltare la spinta voyeuristica. Secondo Pollicino però “ è la qualità del giornalismo a scarseggiare. Abbiamo grandi cronisti e forti poteri economici nel mondo dei media che ostacolano la discussione sui valori”, chiosa. “La pubblicazione delle intercettazioni”, prosegue, “non è opportuna, così come non lo è il divieto assoluto, ma in Italia non esiste self regulation. Funziona perché in pochi comprano i giornali, specie quelli di commento e analisi. Anziché stampare pagine di trascrizioni, che il lettore legge come se fosse Novella 2000, sarebbe più opportuno che un giornalista, che le conosce integralmente, cogliesse le più significative senza suscitare curiosità morbose. E’ un autogol per il media fungere da telegrafo”.

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