Non ci piacciono le perquisizioni nelle redazioni dei giornali, e non facciamo eccezione neppure quando avvengono nelle sedi dei quotidiani della famiglia Berlusconi.

Non ci piacciono, tuttavia, neppure quei giornali e quei giornalisti che accettano di diventare dei manganelli umani nelle mani dell’editore , soprattutto quando l’editore è il medesimo presidente del Consiglio che indica preventivamente gli obiettivi da colpire.

Così è accaduto all’ex direttore dell’Avvenire, Dino Boffo, non appena il giornale dei vescovi aveva iniziato a manifestare qualche timida critica nei confronti del governo.

Così è accaduto al giudice Mesiano seguito, pedinato, intimidito per aver emesso una sentenza sgradita al piccolo Cesare. Così è accaduto al presidente della Camera Fini, quando ha osato puntare il dito sul padrone del centrodestra.

Per non parlare dell’oltraggioso comportamento tenuto nei confronti della signora Veronica degradata, in pochi istanti, dal ruolo di first lady a quello di pubblica peccatrice.

Non diversamente il randello mediatico e politico ha cercato di colpire Ilda Boccasini e i giudici di Milano, rei di aver obbedito alla legge e di non aver chiuso non uno, ma due occhi sulle gesta del primario e delle sue infermiere, igienista dentale compresa.

Potremmo ricordare quanto accadde, a suo tempo, al presidente Scalfaro, ai senatori a vita, al giudice Ingroia, alla corte costituzionale, ai Santoro, ai Travaglio, a Romano Prodi, a Rosy Bindi a Gino Strada, per fare solo un parzialissimo elenco.

Tutti questi casi, e tanti altri ancora, sono legati da un filo nero: le inchieste e le presunte notizie sono arrivate dopo la fatwa preventiva scagliata da Berlusconi e dai suoi fedelissimi. La scomunica ha dunque preceduto i dossier, per di più il beneficiario delle randellate è anche il diretto proprietario delle squadre d’assalto.

Come se non bastasse, quando i fatti in questione si sono rivelati delle bufale, nessuno ha pensato di darne notizia ai lettori o agli ascoltatori, ultimo in ordine di tempo il Tg1, per altro pagato dalla comunità nazionale, che, dopo aver dato conto con grande clamore dell’intervento del ministro Frattini sulle carte arrivate da Santa Lucia, si è quasi dimenticato di dare la notizia che i giudici le avevano archiviate perché ininfluenti.

Restiamo, dunque, contrari alle perquisizioni nelle redazioni, ma sarebbe bene che, anche in quelle redazioni (come peraltro è successo nei tg di Mediaset) si alzassero delle voci per contrastare i manganelli e magari di tanto in tanto sarebbe bene che facessero sentire un timido brontolio quando l’editore presidente interrompe le trasmissioni e minaccia i giornalisti che non gli piacciono. Siamo sempre in attesa di due righe di solidarietà nei confronti di Enzo Biagi, oltraggiato in vita e dopo la morte.

Perquisizione per perquisizione, infine, abbiamo la sensazione che sarebbe stato più utile perquisire ben altri palazzi e ben altre abitazioni, alla ricerca dei fabbricanti di dossier e di veleni, mai come in questo caso la redazione e il sindacato dovrebbero chiedere all’editore di assumersi ogni responsabilità e di presentarsi davanti ai giudici…

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