Il gruppo Semco in Brasile ha fatto i miliardi ascoltando gli operai. Lo sapevi?

Questa strana azienda sta riscuotendo grandi successi economici. Si tratta di uno dei maggiori gruppi industriali del paese, inizialmente era una ditta del settore acciaio, un’industria vera, insomma, non quelle imprese creative sul web. Era un’azienda di successo ma gli utili si sono verticalizzati quando Ricardo Semler ha preso la direzione della società.

Quello che ha fatto è una rivoluzione strutturale del sistema azienda. Una rivoluzione che parte dall’idea che i lavoratori hanno una grande capacità di responsabilità, che dimostrano nella vita privata, ad esempio dedicandosi ai loro figli. In azienda questi adulti vengono trattati come bambini, sottoposti a controlli asfissianti (e costosi per l’azienda) e a regole costrittive, non vengono interpellati sulle scelte strategiche.

La rivoluzione di Ricardo Semler è cominciata cambiando radicalmente l’immagine che i dipendenti avevano della società, con un’unica mossa: rompere la suddivisione rigida del tempo. Ha permesso ai reparti di gestire in modo flessibile il tempo lavoro: non ci sono più obblighi di orario. Basta mettersi d’accordo con i colleghi: puoi entrare in fabbrica a qualunque ora. I dipendenti decidono persino se il prossimo mese vogliono lavorare di meno e guadagnare di meno, oppure se vogliono più lavoro e più soldi.

Poi Semler ha demolito i simboli del potere aziendale. Ad esempio ha deciso che i manager non avrebbero più avuto una segretaria: le fotocopie se le fanno da soli (e si è scoperto che così si risparmia molta carta perché i manager non hanno voglia di fare fotocopie…).

L’azienda funziona lo stesso anche senza segretarie, anzi meglio, soprattutto dopo che hanno snellito tutta la burocrazia interna e i sistemi di controllo.

E i nuovi assunti vengono vagliati dalle assemblee, e questo vale per gli operai come per i dirigenti. I candidati vengono intervistati e poi si vota se assumerli o no.

Infine si è rovesciato come un calzino il sistema delle carriere e delle decisioni strategiche.

Ogni anno una quota degli utili viene reinvestita in nuovi settori produttivi sulla base delle proposte dei lavoratori, e questi nuovi rami di impresa vengono poi gestiti con la collaborazione di coloro che li hanno proposti. In questo modo un operaio può diventare improvvisamente il manager che lavora alla realizzazione di una sua idea.

Questa mobilità verso l’alto, basata sulla capacità di avere idee e concretizzarle, ha cambiato il rapporto tra dipendenti e azienda. E ha anche fatto nascere iniziative di successo in parecchi settori, dall’informatica all’agricoltura, alla ristorazione. L’azienda aiuta i dipendenti a realizzare dentro la società i loro sogni imprenditoriali. E questo si è rivelato un grossissimo affare per l’azienda che ormai non ha più il suo centro nell’acciaio ma in una galassia di attività estremamente diversificate.

E, ripeto, non sto parlando di sogni anarchici ma di scelte di successo, la Semco, con i suoi 5.000 dipendenti, ha raggiunto livelli di crescita annuali da far impallidire i cinesi, fin oltre il 30% annuo.

E non è neppure un metodo che funziona da poco. No! Sono 20 anni che Ricardo Semler gestisce l’azienda in questo modo!!! E gli azionisti sono entusiasti: centomila dollari investiti nella Semco 20 anni fa oggi sono diventati più di 5 milioni di dollari.

Non è stato semplice, negli anni ’90 il Brasile ha affrontato una dura recessione e i lavoratori Semco hanno accettato tagli salariali, ma sono stati ripagati con il 39% dei profitti, mentre gli stipendi dei manager sono stati abbassati del 40% e i dipendenti hanno avuto il diritto di approvare ogni voce di spesa.

Semler dice che ha vinto la sua scommessa perché gli piace il rock and roll e ha messo nell’azienda un 30% in più di fiducia nell’essere umano.

Uno dei suoi slogan preferiti è: “Tutte le persone desiderano raggiungere l’eccellenza”.

La semco ha fatto scuola e oggi esistono centinaia di aziende che seguono la via della responsabilizzazione e Semler insegna in alcune delle maggiori università Usa.

Il coinvolgimento dei lavoratori mi pare il centro della questione Fiat: i manager non pensano che gli operai siano una risorsa globale per l’azienda, li considerano solo scimmie ammaestrate capaci di svolgere azioni elementari.

Io credo che l’Italia uscirà dalla crisi quando più imprenditori capiranno che se si trovano di fronte a un problema grosso devono farsi consigliare dagli operai. Loro sanno quali sarebbero le auto capaci di far impazzire i consumatori, altro che quegli omologati del marketing!

Il popolo possiede risorse umane illimitate. I manager no.

Post scriptum.

Questo testo fa parte di una serie di 4 articoli dedicati alla Fiat. Il precedente, sull’efficienza energetica di Fiat paragonata a quella di Volkswagen, lo trovi qui:
Caro Marchionne, ecco 100 milioni di euro…

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