Tunisi. Dopo l’annuncio di questa mattina di voler sciogliere il governo e indire nuove elezioni, il colpo di scena: il presidente tunisino, Zine El Abidine Ben Ali ha lasciato il Paese, lasciando la guida al primo ministro Mohamed Ghannouchi. A quanto riporta l’emittente satellitare al-Arabiyà è già stato formato un direttorio composto da sei membri che avrà il compito di guidare il Paese nei prossimi mesi. Stamane lo stesso Ben Ali aveva detto che il governo sarebbe stato destituito e che entro sei mesi si sarebbero svolte le elezioni. Lo ha dichiarato il primo ministro all’agenzia di stato Tap, aggiungendo che Ben Alì gli ha conferito il compito di formare il nuovo governo.

Vedremo se le richieste del leader dell’opposizione Mohammed Nejib Chebbi, numero uno del Partito democratico progressista, che aveva invocato un governo di unità nazionale “contro i rischi di un bagno di sangue” verranno accolte.

L’annuncio a sorpresa non ha però fermato le proteste della popolazione. Da qualche ora Tunisi, la capitale del Paese, è ritornata nel caos. Nelle strade del centro ci sono stati scontri per tutto il pomeriggio tra la polizia e i manifestanti. Si sentono continuamente spari di arma da fuoco e grida. Nell’aria c’è l’odore acre dei lacrimogeni. La scintilla che ha ridato vita agli scontri scoppia intorno alle 15, quando un furgone bianco arriva davanti al ministero degli Interni, in Avenue Habib Bourgiba, una grande strada che dal mare entra in città segnandone l’inizio in piazza 7 novembre 1987, giorno in cui Ben Alì si è autoproclamato presidente. Sul furgone c’è un gruppo di giovani giunti qui dalla periferia della città. Uno di loro, in piedi sul cofano, tiene alzato un mazzo di fiori. Quando il furgone arriva davanti al ministero, i ragazzi estraggono la bara di Helmi, lo studente 24enne ucciso ieri sera “con un colpo al cuore da cecchini vestiti in abiti civili”, racconta un amico del ragazzo morto. L’atmosfera, fino a quel momento pacifica, diventa immediatamente tesa. Secondo la tv araba Al Jazeera, un gruppo di giovani avrebbe tentato di assaltare prima il ministero e poi la Banca centrale di Tunisi. Di certo da quel momento la polizia inizia a caricare i manifestanti tentando di disperderli con i gas lacrimogeni. Tutti gli accessi ad Avenue Bourgiba sono bloccati. Fonti dell’opposizione dicono che nel frattempo sono in corso manifestazioni anche a Kasserine e Sidi Bouzide, le due città da cui la protesta è iniziata quasi un mese fa.

Insomma, né il discorso di ieri sera né la decisione presa oggi pomeriggio sembrano bastare alla popolazione tunisina. “A partire da ora sono vietate manifestazioni e assembramenti con più di tre persone e gli agenti della sicurezza e i soldati potranno sparare a vista”, ha annunciato nel tardo pomeriggio la tv di Stato tunisina durante l’edizione straordinaria del telegiornale. L’emittente governativa ha interrotto i programmi pochi minuti dopo aver annunciato che “in difesa delle persone e dei loro beni è stato proclamato lo stato d’emergenza in tutto il territorio nazionale”. Nel corso del tg è stato spiegato che «lo stato d’emergenza consiste nell’introduzione di una serie di provvedimenti. Il primo vieta ogni tipo di assembramento per le strade. Il secondo vieta la circolazione dei veicoli dalle 17 alle 6. Infine, la polizia e l’esercito potranno aprire il fuoco contro ogni persona sospetta che fuggirà e che non si fermerà all’alt. Poco dopo l’autorità aeroportuale ha annunciato la chiusura dello spazio aereo.

Nel frattempo si è dimesso anche l’ambasciatore tunisino presso l’Unesco, Mezri Haddad. La decisione è maturata per protestare contro la repressione che Ben Ali ha messo in atto contro i dimostranti che si sono riversati in questi giorni per le strade del Paese. Nella lettera di dimissioni, Haddad afferma di non poter più “sopportare” di vedere la gente uccisa dalla polizia. Secondo il diplomatico magrebino, le proteste di questa ultima settimana non sarebbero dirette contro la figura del presidente, al contrario contro le oligarchie di cui sarebbe ostaggio: “Una lobby che ha depredato senza sosta le ricchezze della Tunisia”.

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