Mettiamola così: se la mozione di sfiducia del 14 dicembre fosse passata, Gianfranco Fini sarebbe stato l’eroe nazionale. Ci metto la mano sul fuoco. D’un tratto tanta gente a sinistra avrebbe dimenticato il suo passato, avrebbe accantonato come un “peccato di gioventù” la Bossi-Fini e la lunga alleanza con il Cavaliere.

Ma Gianfranco Fini ha perso quella partita. Ci ha provato, a mandare a casa Berlusconi. Ci ha provato per davvero, ad aprire una nuova stagione. Come si dice: ci ha messo la faccia. E ha perso non per colpa sua, ma perché tre deputati lo hanno abbandonato all’ultimo momento e altri tre hanno abbandonato un partito di opposizione per finire nelle braccia del “Caimano”.

E così, il giorno dopo, succede che Fini si trova davanti un sacco di gente che lo accusa di non avercela fatta. Che gli rinfaccia i suoi errori e il suo passato. Della serie, se sei dalla parte della ragione e perdi, qualcuno ti molla sempre. Soprattutto in Italia, dove la caccia al “perdente” è uno sport nazionale, dove ci si diverte a sparare sul presunto “sconfitto” del momento. Senza ritegno, senza più possibilità di appello. Ci si è messo anche qualcuno su quello che Travaglio chiama il Pompiere della Sera, descrivendo un presidente della Camera in perenne affanno. Accomunandosi così a tanti che, sotto i colpi della legittima delusione, se la prendono con l’obiettivo sbagliato

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