Rosarno, piana di Gioia Tauro, provincia di Reggio Calabria. Un anno fa la rivolta degli immigrati contro i soprusi e lo sfruttamento, l’ombra della ‘ndrangheta dietro la sollevazione popolare, le cosche Pesce e Bellocco egemoni sul territorio. Una vicenda chiusa con la decisione del governo di allontanare i migranti rivoltosi. Dopo 12 mesi, grazie all’impegno della Rete Radici, network di associazioni, e della Cgil, i migranti scendono in piazza domani, a Rosarno, per denunciare che poco è cambiato e le promesse del governo, lotta al lavoro nero e condizioni di vita accettabili, sono finite nel dimenticatoio.

La denuncia. La manifestazione arriva dopo la presentazione del dossier realizzato da Rete Radici. Le associazioni Action – diritti in movimento, daSud onlus, Libera Piana e Tenda di Abramo hanno promosso nel novembre scorso una campagna di monitoraggio delle condizioni di vita e lavoro degli stagionali africani impiegati nelle campagne della Piana nella raccolta delle arance. Gli attivisti hanno censito duecento braccianti, sui mille presenti, e dialogato con altrettanti migranti africani. Sulle condizioni di vita nulla è cambiato. I migranti trovano riparo in casolari malmessi, vecchie case patronali, ruderi di campagna persi in mezzo agli aranceti e anche ‘pollai’ riadattati. Vivono in quindici, venti braccianti per insediamento, senza luce né acqua. Racconti da paese della vergogna. “ ‘Quando piove vado a vedere se i miei amici stanno ancora bene o se è crollato tutto, vivere in questo modo è impossibile. E’ peggio di qualunque immaginazione’, racconta in un italiano con accenti nordici Gabe che ha il permesso di soggiorno, faceva l’operaio specializzato a Brescia e oggi paga la crisi economica raccogliendo arance nella Piana”. E anche in tema di lavoro nero la situazione non è mutata, anche se avanza la pratica dei contratti. “Nonostante – si legge nel dossier – la presenza massiccia e “insolita” sulla Piana dell’Ispettorato del Lavoro, le indicazioni emerse durante le interviste ci indicano che due terzi dei braccianti africani transitati dalla Piana hanno lavorato o lavorano in nero. Le paghe restano sui livelli degli anni passati: 20-25 euro per 8-10 ore in media… Resta sempre in piedi la pratica del caporalato (un caporale arriva a prendere anche 10 euro al giorno per ogni bracciante)”.

Assenza di diritti. Non solo la denuncia delle condizioni di vita e di lavoro, segnate dallo sfruttamento, ma anche l’urgenza del riconoscimento dello status dei migranti. “Intendiamo saldare – spiega Alessio Magro della Rete Radici – il tema della riconciliazione tra la comunità africana e la cittadinanza rosarnese con quello della rivendicazione di diritti e , su questo, il Governo italiano ha il dovere di rispondere”. Dopo la manifestazione è previsto un presidio davanti alla prefettura di Reggio Calabria. Quella di Rosarno è una questione più ampia che riguarda tutti i braccianti migranti che lavorano nel mezzogiorno, uniti nella stessa condizione. “Non si tratta di migranti economici – conclude Magro – ma richiedenti asilo, soggetti vulnerabili che non potranno mai partecipare ai provvedimenti di emersione previsti per legge. A volte irregolari sono ugualmente inespellibili perché provenienti da paesi comunque considerati a rischio. Per questo lavorano nelle campagne, schiavi di un sistema che li rende invisibili e ricattabili”. La manifestazione chiede un piano agricolo per la Piana e denuncia le politiche sulla sicurezza del governo Berlusconi. Le associazioni vogliono ripartire dai modelli positivi, come quello di Drosi, comune vicino Rosarno, dove la Caritas si è fatta garante tra migranti e cittadini. Otto abitazioni inutilizzare messe a disposizione dei braccianti, 50 euro al mese, un tetto sicuro e patto di fiducia tra comunità e migranti. Il rilancio della Piana riparte dagli attivisti della Rete Radici, dal sindacato e dall’impegno delle parrocchie.

di Nello Trocchia

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