Difficoltà in vista per i repubblicani americani. Il Congresso Usa riapre, e il vecchio Grand Old Party si trova alle prese con le tante promesse e speranze disseminate alle elezioni di midterm dello scorso novembre. Ora i repubblicani controlleranno la Camera e disporranno di una più forte presenza in Senato. Ma dovranno rispettare gli impegni presi: riduzione del deficit federale, ridimensionamento del governo di Washington, opposizione ad aborto e diritti gay. Sono i temi che hanno mobilitato una nutrita e composita schiera di movimenti conservatori – liberisti, Tea Party, nostalgici della Guerra fredda, fondamentalisti religiosi – che hanno contribuito all’affermazione dei repubblicani. Che ora devono affrontare qualche grana.

Prima di tutto la riduzione del deficit. L’impegno preso da John Boehner, il futuro speaker della Camera, e da diversi compagni di partito è di tagliare almeno 100 miliardi di dollari di spesa federale. Per ora si sa solo quali aree saranno esenti dai tagli: difesa, sicurezza nazionale, veterani (insomma, il vecchio ‘cuore’ militare della tradizione conservatrice). Tutto il resto, soprattutto trasporti ed educazione, potrebbero cadere sotto la scure di chi sogna il ritorno a uno Stato ‘fiscalmente responsabile’. Una prospettiva che piace molto alle truppe del Tea Party, scatenate nel chiedere tagli alle tasse e alla spesa sociale, ma che non incontra l’approvazione generale. I repubblicani del Senato sono per esempio scettici sulla possibilità concreta di tagliare il 20% del deficit. E i dirigenti locali del partito temono che l’arrivo di meno fondi federali li metta nei guai nei rispettivi Stati. I diversi interessi tra cui Boehner e compagni dovranno mediare rischiano di mettere in crisi il partito a pochi mesi dalla rinascita elettorale. E la riduzione di spesa promessa potrebbe pure non bastare ai settori più radicalmente liberisti, visto che Brian Riedl, dell’associazione conservatrice “Heritage Foundation”, ha presentato un progetto che prevede un risparmio di 343 miliardi, grazie a uno snellimento di Medicare e Social Security, prospettiva rigettata in modo deciso dalla leadership repubblicana.

Le difficoltà per i repubblicani non si fermano qui. Da soddisfare ci sono ora le aspettative delle grandi istituzioni conservatrici d’America, come l’organizzazione pro-vita National Right to Life Committee”, che si aspettano provvedimenti contro il diritto all’aborto, lo smantellamento delle conquiste gay, aiuti a scuole e istituzioni confessionali. Non tutti, nella leadership repubblicana, sembrano però disposti a imbarcarsi in una serie di ‘guerre di religione’ dall’esito incerto. Mitch Daniels, governatore dell’Indiana e probabile candidato repubblicano alle presidenziali 2012, ha chiesto alcune settimane fa una tregua sulla questione dei diritti civili: “C’è bisogno di puntare sui temi condivisi dalla maggioranza degli americani”, ha spiegato, dando voce a chi nel partito pensa di ricollocarsi al centro, evitando derive a destra che costerebbero ampi settori di elettorato. Il suo appello ha già avuto i primi effetti. Dal vocabolario politico di molti deputati e senatori repubblicani è praticamente scomparso ogni accenno alla questione dell’aborto. E GOProud, un gruppo di gay conservatori, è stato invitato alla Conservative Political Action Conference, il ritrovo annuale dell’élite repubblicana, il prossimo febbraio. Ma questa strategia più inclusiva e centrista ha già scatenato le ire dei sostenitori più conservatori dei valori cristiani, che hanno annunciato il boicottaggio dell’incontro. Una levata di scudi polemica che lascia presagire quanto difficile sarà, per i repubblicani, conciliare realismo politico e promesse elettorali.

di Roberto Festa

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