Oltre il danno, la beffa. Secondo i risultati di un’indagine condotta dall’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, a Napoli e in Campania i cittadini pagano le tasse più alte per lo smaltimento dei rifiuti. Calcolato in riferimento a una famiglia di tre persone residente in una casa di 100 mq e con un reddito annuo di 40mila euro lordi, il contributo annuo stimato dall’associazione dei consumatori per il servizio di nettezza urbana ammonta a Napoli a 453 euro, quasi il doppio rispetto alla media nazionale di 233 euro e quasi il quadruplo in confronto a quanto richiesto ai cittadini di Isernia, città che con 122 euro garantisce il servizio di smaltimento rifiuti più economico d’Italia.

Da Benevento a Siracusa passando per Caserta, Catania, Salerno, Agrigento e Taranto, otto dei capoluoghi con le tariffe più costose (superiori ai 300 euro) sono al sud. Al centro e al nord, Roma e Trieste sono le città dove il servizio è più caro, con tasse per i cittadini che ammontano rispettivamente a 398 e 309 euro. Matera, Brescia, Campobasso, Cremona, Vibo Valentina, Reggio Calabria, Pordenone, Viterbo e Novara le città dove la spesa per le famiglie non supera invece i 160 euro. E se a livello regionale la Campania detiene la più alta media annua con 364 euro e il Molise la più bassa (131 euro), l’indagine evidenza anche le importanti differenze fra i contributi richiesti ai cittadini di una stessa regione, svelando tutta l’arbitrarietà di cui dispongono le amministrazioni locali nella definizione delle imposte a carico dei cittadini. In Lombardia, dove fra Cremona e Milano, il costo per lo smaltimento passa da 139 a 262 euro ma anche in Sicilia dove la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani costa 165 euro a Siracusa e 241 a Caltanissetta o ancora in Toscana dove i cittadini di Livorno pagano 304 euro contro 130 a Firenze.

“A livello nazionale questa indagine dimostra come le città dove lo smaltimento dei rifiuti costa di più sono anche quelle dove il servizio funziona peggio e dove il reddito pro capite è più basso e quindi l’incidenza sui cittadini più elevata – afferma Antonio Gaudioso, vicesegretario generale e responsabile politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva. “Troppo spesso gli aumenti sono utilizzati per coprire le inefficienze delle pubbliche amministrazioni che scaricano sulle famiglie i costi di una cattiva gestione”, continua Gaudioso sottolineando il paradosso napoletano dove i cumuli di immondizia per le strade della città non hanno impedito l’aumento del 60.1% della tassa nell’ultimo anno, e l’annullamento di una disposizione del regolamento comunale che prevedeva invece uno sconto sul contributo pagato dai cittadini in caso di gravi inadempimenti nella gestione del servizio.

Oltre a Napoli, aumenti record di bollette si sono registrati a Reggio Calabria (+57,4%), Benevento (+44%), Trapani (+34,7%) e Pescara (+21,3%) mentre in altre nove città italiane gli aumenti sono stati superiori al 10% secondo i dati del dossier che denuncia anche il ritardo con il quale i capoluoghi di provincia stanno compiendo il passaggio dalla Tarsu (Tassa smaltimento rifiuti solidi urbani) alla Tia (Tariffa d’igiene ambientale). A recepire il nuovo sistema che punta sulla raccolta differenziata e considera oltre ai mq dell’abitazione anche il numero degli abitanti in un’ottica di proporzionalità fra consumi prodotti e costo del servizio, sono oggi secondo Cittadinanzattiva solo il 45% dei comuni e ciò nonostante la tariffa sia stata introdotta nel 1997. Lontani dall’obiettivo anche i dati sulla raccolta differenziata, ferma a livello nazionale al 31%, a fronte di una quantità minima stabilita nel 2006 del 50% entro il 2009 e di almeno il 60% entro il 2011.

Articolo Precedente

A Napoli esiste anche una città
che si ribella all’emergenza rifiuti

next
Articolo Successivo

Il pensiero giovane di Antonio Cederna

next