L’intervista arriva sette giorni prima della Direzione nazionale del partito. Sette giorni che si annunciano di fuoco, dopo che Pierluigi Bersani ha deciso di affidare a Repubblica le scelte prossime future del Pd. Entro gennaio, “una proposta a tutte le forze di opposizione di centro e di centrosinistra che può avere anche un profilo elettorale”. Porte aperte da Fini a Vendola, dunque, come segno della “straordinaria apertura politica” necessaria alla “riscossa italiana”. Nessuno “pecchi di egoismo”. Lo farà anche il Pd, disposto a “mettere in discussione” perfino le primarie. Per Bersani, va detto, è la concessione meno dolorosa. Del confronto con Vendola – al momento unico sfidante (più che) credibile – ne fa volentieri a meno. Così, non sono in pochi a vedere nell’apertura al centro del segretario anche la via di fuga da una leadership minata.

Ma la questione delle primarie, è tutto sommato la meno dirimente. Perfino tra i veltroniani, da sempre i più affezionati allo strumento, si conviene che, vista la fase, se ne potrebbe pure fare a meno. Anche perché nel partito sarebbero un diktat, ma non le puoi imporre agli alleati. E sono proprio gli alleati il nodo cruciale. L’altro ieri Di Pietro aveva chiesto i democratici in “matrimonio”. Niente da fare, anche perché, una volta sposati, allargare la famiglia è molto più complicato. Ma il leader Idv ieri è tornato a chiedere al Pd “una scelta di campo”, augurandosi che il Pd non si metta a “rincorrere la chimera del Terzo Polo”.

Eppure, al contrario, l’apertura a Fini-Casini-Rutelli per il capogruppo Franceschini è la strada più “realista”, l’unica che “possa battere la destra berlusconian-leghista e ricostruire il paese”. L’idea più diffusa è che per convincere mezzo emiciclo (e anche gli elettori) che non si può non guardare ai centristi, bisogna buttarla sull’emergenza. Altrimenti le frasi alla Follini (“Finalmente Bersani è sceso dai tetti e si è insediato in un territorio di grande buonsenso”) potrebbero far pensare che il “trattino-sinistra” nella collocazione del Pd sia definitivamente sparito. D’altronde è proprio un esponente di Fli, Benedetto Della Vedova, a ricordare che il loro progetto è “alternativo alla destra di Bossi e Berlusconi, ma è anche alternativo alla sinistra”. Ancora più chiaro l’Udc, con Roberto Rao: “Noi e Vendola insieme? Nella proposta di Bersani un po’ di strabismo c’è, ma se il percorso si evolvesse con un filtro alle forze estremiste…”. Insomma, se fanno fuori SeL e Idv. “Tutti insieme faremmo solo un favore a Berlusconi, di fatto sarebbe di nuovo un referendum pro o contro di lui. E lui queste cose è bravissimo ad aizzarle in campagna elettorale”. Normale a questo punto che Vendola chiuda così: “Ho l’impressione che sia una semplice annessione nel terzo polo: io francamente non mi vorrei far ‘annettere’”.

Al di là di chi siano gli alleati, quello che più preoccupa è se il Pd sia “vagone” o “locomotiva”. La metafora è del Pd Sandro Gozi, decisamente scocciato dai toni dell’intervista: “Non possiamo dare tutte le carte in mano a qualcuno che non sappiamo ancora se vuole fare il leader del centrodestra o che altro. Prima di scendere a compromessi, aspetterei”. Chiarisce Ignazio Marino che non ha nessuna voglia di “sacrificare la propria identità e caratteristiche perchè non piacciono a Pierferdinando Casini”. Anche il “rottamatore” Pippo Civati concorda: se il Terzo Polo “vorrà venire con noi, facciamo in modo che siano loro a chiedercelo, alla fine, e non noi, all’inizio, mettendoci in una posizione ancillare che sconfessa le stesse ragioni per cui il Pd è stato concepito”.

Abituato al fuoco amico, tutto sommato questa volta Bersani non ne è uscito bombardato. Per una volta anche i 75 di Mo.dem. non lo accusano di bestemmie. Anzi, ne approfittano per festeggiare il fatto che finalmente anche il segretario ha capito che serve la “correzione di rotta” che loro avevano chiesto due mesi fa. “Mettere al centro il programma – dice Walter Verini – perchè oltre il bivio tra Di Pietro e Casini c’è una freccia con scritto ‘Italia’, vorrei che non ci impiccassimo di fronte a questa discussione”.

da Il Fatto Quotidiano del 18 dicembre 2010

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