E’ l’appuntamento decisivo, quello che segnerà il passo delle prossime strategie europee di contrasto alla crisi dei debiti sovrani del Continente. E il governo italiano si presenterà al vertice Ue con la legittimazione della fiducia ottenuta ieri dal Parlamento. Ma quello in agenda domani e venerdì a Bruxelles minaccia per l’Italia di trasformarsi in un appuntamento molto difficile da gestire.

Anche perché, come scrive l’Ansa “nelle ultime ore è infatti tornata a crescere la paura di una recrudescenza della crisi dei debiti sovrani, con Spagna e Portogallo sempre più a rischio contagio. I titoli pubblici dei due Paesi sono in picchiata e gli spread (la differenza di rendimento col bund decennale tedesco) nuovamente tornati a livelli record. Le agenzie di rating, intanto, non fanno sconti: la scure di Fitch si è abbattuta sulle casse di risparmio iberiche, da tempo al centro della crisi finanziaria del Paese, mentre Moody’s ha messo il rating della Spagna sotto osservazione, minacciando di tagliarlo entro tre mesi, e sottolineando le difficoltà di Madrid soprattutto sul fronte del rifinanziamento dei titoli pubblici nel 2011. Preoccupa anche il Belgio, dove un’instabilità politica che oramai si prolunga da sei mesi rischia di mettere il Paese nel mirino della speculazione finanziaria”.

Sul fronte delle strategie anticrisi e della lotta alla speculazione, la forza e l’autorevolezza delle posizioni tedesche contrasta con le ambizioni mai sopite di Giulio Tremonti e dell’asse ideale formatosi tra quest’ultimo, il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker e il commissario agli affari monetari Olli Rhen, l’uomo che più di ogni altro sembra impegnato in sede Ue a sminuire i problemi dei conti pubblici italiani. A chiarire quale aria si respirerà nei prossimi due giorni ci ha pensato la cancelliera tedesca Angela Merkel, sempre più convinta della necessità di una linea della fermezza a cominciare dall’opposizione a un aumento del fondo salva-Stati. In occasione del vertice, ha anticipato la Merkel, sarà approvata l’agognata istituzione di un meccanismo permanente anticrisi capace di sostituire il fondo da 750 miliardi attualmente in funzione e destinato a scadere nel 2013.

Un piano pensato per rafforzare l’euro e per aiutare le nazioni maggiormente in difficoltà ma anche, hanno voluto precisare da Berlino, una sorta di extrema ratio che si accompagni a un piano di ristrutturazione e all’implementazione di nuove strategie in base a decisioni da prendere all’unanimità. L’ipotesi prevede la possibilità delle nazioni soggette a problemi di liquidità di appellarsi all’Ue per un finanziamento di emergenza dietro la garanzia di una ristrutturazione fiscale. In caso di giudizio di insostenibilità dei conti da parte del Fondo monetario internazionale e della Banca centrale europea, alla nazione sarà richiesto di rinegoziare il proprio debito con i creditori. Una condizione fondamentale, quest’ultima, per l’accesso a nuovi finanziamenti.

A preoccupare l’Italia c’è l’ipotesi di un muro contro muro capace di far decadere il piano fortemente sostenuto da Roma per l’istituzione degli eurobond. Alla Bce si chiede in pratica di rastrellare liquidità sul mercato facendosi anche ampiamente carico dei titoli di Stato soggetti oggi alla speculazione internazionale. Un’idea che non convince per niente Berlino. “Non facciamo l’errore di vedere una soluzione nella collettivizzazione dei rischi come accadrebbe con bond congiunti per l’euro, perché non si tratterebbe affatto di una soluzione”, ha dichiarato la Merkel in un intervento ripreso oggi dalla Reuters.

La posizione della Germania è condivisa anche dalla Francia nell’ambito di un’alleanza che dovrebbe tradursi in un veto irrevocabile: non ci sarà dunque un travolgente deflusso dei bond di Madrid, ad oggi primo spauracchio del mercato europeo, nelle casse della Bce (che la scorsa settimana ha per altro generosamente acquistato obbligazioni emesse dai membri di eurolandia per 2,6 miliardi) e poco importa che la nazione iberica rischi sempre di più. In caso di preludio al default potrà scattare l’intervento europeo (“Nessun Paese verrà lasciato solo”, ha rassicurato il cancelliere tedesco) ma l’assenza di un adeguato programma di ristrutturazione e la trasformazione dell’istituto centrale Ue in una sorta di bad bank collettiva sono entrambe prospettive da escludere.

Alla vigilia dell’incontro, Juncker ha comunque promesso di mettere la questione eurobond sul tavolo delle trattative di domani anche se la Commissione ha successivamente smentito l’ingresso del tema nell’agenda del vertice. L’impressione, in ogni caso, è che l’argomento continuerà a essere riproposto nei mesi a venire. Molto difficile, tuttavia, pensare che Francia e Germania possano cedere sull’argomento. La linea Juncker-Tremonti, fatti salvi clamorosi sviluppi, viaggia per ora verso una probabile bocciatura.

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