“Analfabeti, somari, eversori, vadano a studiare…”. Queste ed altre espressioni hanno usato Berlusconi, Maria Stella ed altri energumeni contro gli studenti e i docenti che stanno difendendo  la dignità di  quello che ancora resta della scuola pubblico. Questi signori, si fa per dire, forse inconsapevolmente hanno descritto le loro biografie, si sono confessati in pubblico, si sono autodescritti in modo impareggiabile.

Come definire una ministra che blatera di merito e fu costretta a rifugiarsi altrove per riuscire a guadagnare un’abilitazione professionale? Come qualificare un presidente del Consiglio che ha costretto i suoi fedelissimi a mettere il Cepu alla pari con le più prestigiose istituzioni universitarie?

Quelle ingiurie sono state usate per provocare, per gettare benzina sul fuoco, nella speranza che la rivolta in atto possa degenerare ed essere così utilizzata per giocare la consueta carta della paura, dell’amplificazione di eventuali incidenti per criminalizzare le decine di migliaia di persone che stanno lottando per garantirsi il diritto al futuro. Questi sono gli atteggiamenti eversivi, questi, per citare Antonio Gramsci, sono veri e propri “atti di sovversivismo delle classi dominanti”.

Con quale faccia Berlusconi, Bondi, Gelmini possono tuonare contro queste ragazze e questi ragazzi, mentre crollano le ville di Pompei, mentre la Rai regala un milione di euro all’amica Dragomira, mentre persino i rapporti degli Stati Uniti ci parlano di un presidente stanco, più dedito ai festini che ad altro, e con che faccia osano lanciare anatemi contro chi sta chiedendo di continuare a studiare, a fare ricerca, e di poterlo fare senza essere disturbato da questa autentica banda di molestatori del pubblico.

In queste ore, anche alla redazione di Articolo21, è arrivato un appello dai tetti rivolto al mondo della comunicazione, nel quale si chiede di non spegnere i riflettori, di andarli a trovare, di non piegarsi alla logica del conflitto di interessi, ricordandoci di aver sempre partecipato, e con grande passione civile, a tutte le mobilitazioni contro le leggi bavaglio, contro ogni censura.

Facciamo nostro questo appello. E ci permettiamo di completarlo reclamando l’applicazione del lodo Maroni sul diritto alla replica. Nei giorni scorsi la Rai di Dragomira ha concesso al ministro degli interni qualche ora di dichiarazioni per replicare ai trenta secondi che Roberto Saviano aveva dedicato alla infiltrazione della mafia nel Nord e persino nelle fila leghiste. Non parliamo poi del Movimento per la Vita che ha potuto replicare a Beppe Englaro e a Mina Welby a reti semiunificate, partecipando alla principali trasmissioni giornalistiche e di intrattenimento. Per quale ragione il principio non dovrebbe valere per il movimento che si sta opponendo alla distruzione dell’università pubblica?

Da  qualche ora Gelmini e soci stanno invadendo le reti pubbliche e private, la ministra si esibisce quasi sempre da sola, senza contraddittorio, senza dover mai rispondere alle domande di professori, ricercatori, scienziati, studenti. Perché non promuovere un bel faccia a faccia tra la ministra e uno dei giovani ricercatori che stanno sui tetti?

In ogni caso non possiamo e non dobbiamo rassegnarci all’idea che i loro volti e le loro voci possano trovare ospitalità solo e soltanto nei pochi programmi che ancora osano dare la parola alle voci scomode, non gradite, non omologate. Il lodo Maroni dovrà essere applicato sempre e comunque, le loro ragioni dovranno arrivare ovunque, anche in quei contenitori dove da mesi si parla solo e soltanto di Avetrana.

La riforma dell’università, se dovesse essere approvata anche dal Senato, potrebbe essere l’ultima raffica di Arcore prima della caduta del governo, sarà il caso di moltiplicare gli sforzi affinché i funerali politici di questa maggioranza possano essere celebrati prima di assistere ai funerali del diritto allo studio.

Ci auguriamo che anche il gruppo di Futuro e Libertà, che purtroppo ha votato questa pessima legge, voglia uscire dal tatticismo e dare il contributo determinante a staccare la spina a chi rischia di rubare ogni forma di energia morale ed etica alla comunità nazionale.

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