Julian Assange
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Se si potesse resettare il mondo, così come facciamo normalmente con i computer, mantenendo intatte le risorse, le utilities, senza cancellare nulla o nessuno, ma eliminando i bug e rimettendo bene in ordine funzioni e ruoli, sarebbe l’ideale. Purtroppo il mondo non funziona come un computer. Però è curioso che l’idea di promuovere, o almeno tentare, un gigantesco reset sia venuta proprio a un informatico, Julian Assange, che con WikiLeaks sta facendo tremare i governi di un mondo che appare ogni giorno più vecchio e frammentato. La pubblicazione di archivi segreti non favorisce nessuna parte geo-politica, ce n’è per tutti. Quello che emerge, piuttosto, è il livello di ipocrisia su cui si fonda l’attuale ordine mondiale. Cosa ha rivelato di così grave WikiLeaks? Nulla. Tutte cose che immaginavamo già. Ma un conto è immaginarle un conto avere la prova della verità.

La prima ondata di documenti viene commentata con: «This document release reveals the contradictions between the US’s public persona and what it says behind closed doors», l’ipocrisia appunto, quella degli USA e quella dei loro alleati. Un livello di ipocrisia mai toccato in tutta la storia dell’umanità. E poiché su questa ipocrisia generalizzata prosperano poteri economici in grado di dirigere la guerra e lo sfruttamento su intere popolazioni, poteri politici che hanno tutto l’interesse a mantenere il pianeta nella sua condizione attuale, raccontare la verità non può che far bene. Perché permette di smascherare gli abusi del potere a tutti i livelli. Si potrebbe obiettare che il potere è sempre un abuso, perché in una vera democrazia non esistono poteri ma solo ruoli di servizio alla collettività. Invece, nelle “dittature democratiche” (ultima folle moda politica), il potere ama ricevere democraticamente la delega dai cittadini per poi sigillare con leggi, immunità e controllo dei media, la propria posizione dominante. Allora, se esiste un modo per colpire le “dittature democratiche” e farlo senza spargere una sola goccia di sangue, ben venga. Qual è il problema?

Frattini afferma che l’azione di Assange sarà per la diplomazia quello che è stato l’11 settembre. E aggiunge: «Ma come all’indomani dell’11 settembre si creò una coalizione internazionale contro il terrorismo, anche in questo caso ci si dovrà mettere subito al lavoro per ripristinare il clima di fiducia tra le diplomazie mondiali». Al ministro Frattini come a molti altri non passa per l’anticamera del cervello che da molto tempo si è spezzato non il “clima di fiducia” fra diplomazia e diplomazia, ma fra diplomazia e cittadini, fra amministrazione e gente comune. Chi si scagliava prima contro le intercettazioni e oggi contro la diffusione di archivi segreti, lo fa perché ha la coscienza sporca. Quello che ha fatto WikiLeaks è stato solo dimostrare che i rapporti politici internazionali sono una farsa. Se siamo ancora in pieno medioevo, con tanti regimi monarchici camuffati da democrazie, se siamo sudditi camuffati da liberi cittadini, fa bene saperlo. È tutta salute, almeno ci viene restituita la possibilità di decidere di esserlo coscientemente oppure di ribellarci. Ma impedirci di sapere è il più grande crimine perpetrato alle spalle dell’umanità.

Credo che Julian Assange sia un piccolo eroe. Un eroe anarchico, nella grande tradizione, e con un punto di merito in più: non lancia bombe, non uccide nessuno, usa solo e unicamente gli strumenti della comunicazione. Ma Assange non mi basta. La censura di Stato non può arrivare a coprire perfino i mandanti delle stragi in tutto il mondo, quelle che servivano a mantenere equilibri politici e quelle che hanno contribuito alla propaganda reazionaria nei paesi dove avvenivano. Io voglio ancora sapere chi c’è dietro a Piazza Fontana, a Piazza della Loggia, voglio sapere chi dal ‘74 in poi ha messo infiltrati nelle Brigate Rosse e nei gruppi di estrema destra dandogli un “aiutino”, voglio sapere chi ha “sbadatamente” provocato la strage di Ustica, chi ha ucciso Giorgiana Masi ma anche Ilaria Alpi, chi ha avuto per primo l’idea creativa di utilizzare i servizi segreti per mediare con la mafia operazioni sporche per conto dello Stato. Perché ho pagato con le mie tasse, ma non per avere questo genere di servizi. No, Assange non mi basta, è ancora troppo poco.

Giorni fa c’è stato il funerale del mio amico Enzo. E io voglio ancora sapere chi c’è dietro al suo assassinio. Non ho mai creduto a nessuna delle spiegazioni ufficiali. Nessuno dei nostri giornalisti ha osato minimamente sollevare dubbi su John Negroponte, ambasciatore americano in Iraq, noto per la sua grande esperienza in operazioni coperte in Nicaragua, dove i dissidenti venivano rapiti e uccisi da bande addestrate dalla CIA. Quindi non ho mai creduto al sedicente Esercito Islamico in Iraq, quello che rapì Enzo e che curiosamente dal 2008 combatte a fianco degli americani. Come non ci ha mai creduto Houda al Nouaymi, ricercatrice di scienze politiche presso l’Università di Baghdad e dirigente dell’Associazione delle donne irachene che, fin dal 2004, aveva segnalato organizzazioni che nulla avevano a che fare con la resistenza, che agivano per conto di servizi segreti di paesi vicini. Ed è facile, aggiungo io, collegare questi servizi locali al coordinamento dei servizi americani. Vediamo fin dove arriva Assange. Di certo, quello che è uscito fino adesso non mi basta. Sono troppi i servizi (giornalistici e non) che devono ancora uscire sui giornali.

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