Qualche dato. L’Italia sostiene i costi di formazione dei giovani nelle scuole superiori e nelle università italiane per poi lasciarseli scappare. I laureati se ne vanno ormai al ritmo di 60.000 l’anno, secondo il rapporto Confimpreitalia di ottobre 2010 rilanciato da clandestino web. Questo flusso è, tranne rarissime eccezioni, sostanzialmente tutto in uscita dall’Italia verso il mondo, cosa che succede molto meno, o quasi per niente in altri grandi Paesi occidentali come Stati Uniti e Gran Bretagna. Per non parlare poi del 75% dei posti di lavoro che sempre in Italia, non sono pubblicati su regolari annunci, ma evidentemente trovati per canali meno istituzionali e spesso non ben definiti, come segnala il giornalista Sergio Nava sul suo blog.

In un contesto del genere non ci si deve stupire se i nuovi espatriati, che non se ne vanno a spasso per il mondo, ma cercano un ambiente fertile che riconosca le loro potenzialità, raggiungono cifre impressionanti. Almeno secondo stime, questa volta non ufficiali, emerse negli ultimi mesi. Il calcolo è semplice: sul sito di Repubblica, Claudia Cucchiarato ha ricevuto in neppure due mesi più di 20.000 segnalazioni di ragazzi in fuga. Solo il 55% di loro dichiara di essere iscritto all’Aire, l’anagrafe dei residenti all’estero. Considerando quindi che proprio l’Aire conta quasi 4 milioni di espatriati, i numeri si potrebbero addirittura raddoppiare.

I dati danno la dimensione di un Paese che si impoverisce, e di un fenomeno di emigrazione di massa a lungo colpevolmente ignorato in Italia. Per questo ieri sera alla Scuola italiana di Holland Park a Londra con Sergio Nava de “La fuga dei talenti” e Claudia Cucchiarato di “Vivo altrove” insieme per la prima volta sul palco (quando mai li vedremo ospiti di un programma televisivo, anche non di punta?) c’erano più di 200 persone. Sono rimaste in sala per tre ore, e mica solo ad ascoltare. A raccontare, denunciare, dividersi perfino sull’estenuante confronto tra l’altrove, ovvero ovunque sia nel mondo ma non entro i confini nazionali, e l’Italia.

Nessuno vuole dire che fuori è tutto bello mentre in Italia è tutto da buttare. Anzi. La nostra scuola e la sanità pubblica sono – o sono state finora – esempi che negli Stati Uniti e in Gran Bretagna si sta ancora tentando di eguagliare, anche se forse potremmo ancora imparare da alcune esperienze dell’Europa continentale. Così come è complesso anche il discorso a proposito delle tutele sociali. Si prova a capire perché se ne va chi se ne va. Con una domanda drammatica: chi è fuggito tornerà un giorno per riportare indietro trasparenza e meritocrazia?

E diciamolo pure, se non fa troppa paura, anche un po’ di etica e di senso della comunità ormai al minimo dopo anni di grandi fratelli e berlusconate. Il dibattito sì, allora, citando al contrario il memorabile autarchico Nanni Moretti. Anche per tre ore, anche a sfinirsi. Ma mettiamoci d’accordo su un punto: alle parole seguano i fatti. Almeno su questo qualcosa di buono dalla cultura dell’altrove si potrà pur imparare.

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