La casa dei miei genitori è più di un ricordo, è un tempio Una crepa la percorre, da est a ovest, tagliandola in due. Una casa dichiarata inagibile dopo il terremoto, ma abitata “solo” da due vecchi di 80 anni, i miei genitori, che per il fatto di essere anziani e di non essere in grado di far valere i propri diritti, sono morti senza vedere ricostruita la loro abitazione. Una storia di ordinaria sopraffazione.
Mia madre in punto di morte mi ha fatto giurare di ricostruirla. Mi rendo conto che i giuramenti di questo tipo valgono quel che valgono, tuttavia da quando sono andata in pensione, mi sto battendo per questo, per veder riconosciuto un loro diritto.

Nelle graduatorie per la ricostruzione dopo il terremoto tutti sono riusciti a passare davanti ai miei genitori. Ho visto capanne di campagna diventare ville con piscina, fiumi di denaro pubblico riempire le tasche della solita logica solo clientelare. Questo è il meridione d’Italia.
Dopo la loro morte, ho chiesto ed ottenuto la mia residenza in quella casa dichiarata inagibile. Poi, per vedermi riconosciuto un diritto, sono partita con le denunce. Ma la magistratura, nella migliore delle ipotesi, è lenta. Ho anche dovuto avere a che fare con gli avvocati. Tutti baldanzosi e arroganti all’inizio, hanno finito per rimettere il mandato. La causa era forse troppo lunga e complessa, questo però nella migliore delle ipotesi, perché qui il diritto è un lusso, qui siamo in meridione.

D’altro canto capisco che soldi non ce ne siano più, ma le ingiustizie io proprio non riesco a digerirle. Il nostro è un piccolo comune. Quegli uomini che adesso siedono nel consiglio comunale, sono gli stessi bambini che giocavano a carte con i miei genitori, e a pallone con i miei figli. Per questo motivo io partecipo come osservatrice ai consigli comunali, fingendo di prendere appunti, con le foto dei miei genitori ormai deceduti di fronte a me. E continuo ad abitare in quella casa “inagibile”, in compagnia del decreto di abbattimento dei vigili del fuoco.
Non so come andrà a finire. Forse la casa mi cadrà sulla testa, o forse troverò i soldi e la ricostruirò da sola, sono fatalista, forse non ve l’ho detto, ma qui siamo in meridione.

Rina Tuccia, da Capriglia Irpina

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