Assolti per insufficienza di prove i cinque imputati per la strage di piazza della Loggia a Brescia. Alla fine del processo i giudici della Corte d’assise di Brescia hanno assolto Pino Rauti, Maurizio Tramonte, Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi e Francesco Delfino, per i quali i pm avevano chiesto l’ergastolo. E’ stata revocata la misura cautelare nei confronti dell’ex ordinovista Delfo Zorzi che vive in Giappone. Nello sconcerto della città c’è chi – come Manlio Milani, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime – punta il dito verso il Parlamento e le leggi sul segreto di Stato.

Il 21 ottobre scorso i pm  Roberto Di Martino e Francesco Piantoni avevano chiesto l’assoluzione con formula dubitativa per l’ex segretario del Movimento sociale italiano Pino Rauti e l’ergastolo per il collaboratore dei servizi segreti Maurizio Tramonte, per i militanti di Ordine Nuovo Carlo Maria Maggi e Delfo Zorzi, e infine per il generale dei carabinieri Francesco Delfino, accusati di concorso in strage e omicidio. A Maurizio Tramonte è stata riconosciuta la responsabilità per il reato di calunnia ai danni di un funzionario della questura, ma i giudici hanno disposto il non luogo a procedere per prescrizione dei termini in relazione al reato di calunnia.

Non ha nascosto la sua delusione il procuratore Di Martino dopo l’assoluzione. Il magistrato, che con il collega Piantoni ha seguito la lunga e complessa inchiesta, ha voluto spiegare che “il limite di questo processo non è stato il nostro impegno ma nel materiale che c’era”: “A fronte dell’impegno che abbiamo messo in campo ci aspettavamo un risultato che invece non è venuto”. Il difensore di Delfo Zorzi, Antonio Franchini, si aspettava una sentenza di assoluzione del suo assistito di fronte “a prove carenti” e in particolare a una “fonte inattendibile e infida” come Carlo Digilio.

“Questo processo, nonostante le assoluzioni di tutti, ha permesso il raggiungimento di un risultato: anche se le evidenze emerse non sono state considerate sufficienti, ciò non vuol dire che non vi fossero delle prove”. A parlare, con gli occhi pieni di lacrime, è Arnaldo Trebeschi, fratello di Alberto, una delle 8 vittime, morto a soli 37 anni. “Le prove di un depistaggio iniziato ben prima della strage ci sono – ha detto -. Le veline di Maurizio Tramonte ai servizi segreti risalgono a giorni prima della strage. Quelle veline invece di essere mostrate subito agli inquirenti vennero occultate. Già all’epoca, se quelle informazione fossero state rese note, si potevano rintracciare i colpevoli”.

La strage di piazza della Loggia avvenne il 28 maggio 1974. Quel giorno, nella piazza sede del Comune di Brescia, si stava tenendo una manifestazione contro il terrorismo neofascista. Alle 10 e 12 una bomba nascosta in un cestino della spazzatura esplose uccidendo otto persone e ferendone oltre cento. “L’unica cosa che a cui penso in questo momento sono quegli otto morti. Eravamo in piazza quella mattina…”, ha detto Milani, presidente dell’associazione familiari delle vittime della strage di Piazza della Loggia. “In questo processo le cose che mi hanno colpito sono state le reticenze, le falsità che hanno raccontato – ha aggiunto -. Stiamo ancora combattendo con un Parlamento che ti dice che sull’applicazione della legge sul segreto di Stato, a quattro anni dalla sua approvazione non ci sono ancora i regolamenti applicativi. Non c’è volontà di affrontare quegli anni”.

Provo un ”sentimento di impotenza” per la città di Brescia: “La città voleva due cose: verità e giustizia – ha detto il sindaco di Brescia, Adriano Paroli – ma non si è riusciti a raggiungerle. La città continuerà comunque a cercarle”. “E’ un insulto irreparabile a quanti quella mattina sono caduti in piazza, ai loro familiari, un’offesa che umilia la città e rischia di spegnere un ansia di verità e giustizia che la ricerca storica e il giudizio politico hanno invece da tempo appagato”, ha detto Paolo Corsini, deputato del Pd ed ex primo cittadino.

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