Il giorno del giudizio per Silvio Berlusconi è fissato: 14 dicembre. Dopo un’ora di colloquio con il presidente Napolitano i presidenti della Camera, Fini, e del Senato, Schifani, hanno deciso di calendarizzare per quella data sia il voto alla mozione di sfiducia alla Camera che quella a sostegno al Senato. Ma il 14 è anche il giorno in cui si attende la pronuncia della Corte Costituzionale sul legittimo impedimento che di fatto ha portato alla sospensione dei processi di B. In un giorno solo, quindi, Berlusconi potrebbe perdere il controllo del Paese e l’immunità.

Intanto, come da giorni chiedeva il presidente della Repubblica, la legge di stabilità dovrebbe arrivare ad approvazione entro il 10 dicembre. “L’incontro odierno – si legge nella nota emessa dal Quirinale al termine dell’incontro – ha permesso di registrare la concorde adesione delle forze parlamentari all’esigenza di dare la precedenza, nei lavori della Camera e del Senato, all’approvazione finale delle leggi di stabilità e di bilancio per il 2011”.

Tre giorni dopo, il 13, si consumerà il primo atto della crisi. La mattina si svolgeranno al Senato le annunciate comunicazioni del governo, mentre si terrà nel pomeriggio alla Camera il dibattito sulla mozione di sfiducia presentata da Pd e Idv.

Resta da vedere come si comporterà il premier nel caso in cui dal voto del 14 uscissero due voti, l’uno il contrario dell’altro dalla Camera e dal Senato. Davvero il premier potrebbe chiedere solo lo scioglimento della Camera, come prospettato in questi giorni? Di sicuro B. vuole dare battaglia. Ma domani sera non andrà a Matrix come annunciato. Lo ha detto in serata il portavoce Paolo Bonaiuti: “Considerato che è stata fissata per il 14 dicembre la votazione di fiducia, il presidente Berlusconi, per il rispetto che si deve al Parlamento, ha deciso di parlare prima alle Camere. Per questo motivo è stata spostata alla sera del 14 dicembre la sua partecipazione al programma televisivo Matrix”.  Ma che il governo esca indenne dalla crisi, in realtà è una ipotesi remota anche nelle parole degli stessi alleati: “Abbiamo fatto i conti e secondo noi si va alle urne fra il 20 e il 28 febbraio”.

Diversa (ma sempre a breve scadenza) è invece la previsione del leader della Lega Umberto Bossi, che si dice sicuro: “Il governo durerà fino al 27 marzo“. Alla domanda se il federalismo rischi di non passare, visto che fra l’altro su quello municipale il parere delle Camere arriverà a gennaio, il Senatur ribadisce la sua fiducia nella tenuta del governo. Ma a tempo. Analoga certezza esprime anche il ministro per la Semplificazione normativa Roberto Calderoli: “Studiatevi la legge, così non fate queste domande a vuoto”, dice ai giornalisti. Il decreto legislativo sul federalismo municipale è giunto in Parlamento il 9 novembre e le Camere hanno 60 giorni di tempo per il parere.

Laconico invece il commento del segretario del partito democratico Pierluigi Bersani: “Il governo si prende 15 giorni di troppo”. Quanto alle ipotesi di voto anticipato Bersani ha commentato: “Non abbiamo paura del confronto ma sarebbe una cosa esiziale che ci farebbe perdere mesi e mesi e ci metterebbe in una situazione che non ci consente di guardare avanti con sicurezza”. Bersani è poi tornato a chiedere che si formi un governo di transizione. “Si tratta di formalizzare la crisi con un Governo che cambi la legge elettorale e metta alcuni punti fermi sull’economia”, ha spiegato il leader del Pd, “fuori da questa strada non credo possano esserci soluzioni positive. Se andiamo avanti con questo sistema elettorale – ha commentato – avremo sempre una democrazia che non decide”. Ma da Di Pietro arriva il no all’ipotesi di governo tecnico: “Il presidente del Consiglio oggi è debole, è meglio andare al voto subito”. E al segretario del Pd dice: “Non si fidi delle signorine della politica. Si fidi dell’Italia dei Valori, fatta semmai di massaie con il mattarello”.

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