Guido Bertolaso ha lasciato la Protezione civile con una lettera in cui esalta i suoi successi e nega ogni scandalo.
Nella stessa lettera ha designato il suo successore: Franco Gabrielli, ex direttore del Servizio centrale antiterrorismo della Direzione centrale polizia di prevenzione, ex direttore del SISDE e dell’AISI, ex prefetto dell’Aquila – nominato il 6 aprile 2009, giacché la carica era vacante e si era appena verificato il terremoto – e vice commissario vicario per l’emergenza terremoto.

Repubblica, l’Unità, il Sole 24 Ore, agenzie e siti di informazione titolano, decretando che è Gabrielli il nuovo capo Dipartimento alla Protezione civile. Il che è molto probabile. Ma ci si dimentica – e dimenticandoselo, si avalla una prassi inquietante – che non è Bertolaso a poter decidere chi gli succederà.
Sarà Gabrielli, d’accordo, è probabile, ma per annunciarlo urbi et orbi sarebbe d’uopo, quantomeno, attendere il Consiglio dei Ministri che ufficializzerà la nomina.

Potrebbe sembrare una questione di attaccamento alla forma, ma nella situazione politica italiana – e considerata l’eredità che lascia sul campo Guido Bertolaso – la forma diventa sostanza ed entrambe vengono scavalcate.
Ufficializzare la nomina di Gabrielli senza attendere la nomina politica non fa che rafforzare la prassi dei Re Sole che designano i loro successori con riti da ancien régime.

Come se al tavolo della sede di Via Ulpiano a Roma sedessero i Cavalieri della Tavola Rotonda.
Come se tutto ciò che afferisce alla sfera pubblica si potesse tramandare ereditariamente oppure per investitura.
In democrazia, ciò non accade.

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