Chissà che governo troverà il presidente del Consiglio di ritorno dal suo viaggio a Seul. Ancora oggi, dopo che ieri il governo è andato sotto alla Camera per tre volte incassando il voto contrario di Fli, Berlusconi ribadiva ai suoi la volontà di andare avanti. Se sfiducia deve essere, questo il ragionamento, dovrà arrivare in Parlamento, con un voto che attribuisca paternità e responsabilità ai ribelli di Fli. Eppure le parole pronunciate da Gianni Letta, insieme alla prospettiva di ritiro dei membri di governo di Futuro e Libertà preannunciata da Fabio Granata raccontano un’altra storia. Mentre fuori dal Parlamento il caso Ruby continua ad infuriare.

Il de profundis di Letta

“Questo governo che rappresento pro-tempore ha prospettive molto più brevi del 2020, e in queste ultime ore sembrano restringersi non ad anni ma a periodi e misure di tempo più contenuti”. Solitamente prudente, abbottonato, ultimo dei mediatori nelle situazioni impossibili, anche il sottosegretario si è lasciato andare al pessimismo durante un convegno sulla modernizzazione tecnologica. Poi Letta ha proseguito chiedendo fiducia per l’Italia, uno Stato che “ha risposto meglio degli altri Paesi” alla crisi economica: “questo Paese merita fiducia perché saprà raccogliere le sue forze per guardare avanti e ancora una volta stupire il mondo come ha fatto tante volte in passato”. Ma il significato che resta è quello di una ulteriore e veloce spinta verso la crisi. Tanto che lo stesso sottosegretario potrebbe incontrare oggi stesso Gianfranco Fini, anticipando di un giorno il previsto incontro tra il presidente della Camera e il leader della Lega, Umberto Bossi.

Il logoramento di Fli

Che le possibilità di trovare soluzioni durature siano ridotte al minimo è testimoniato anche dagli altri eventi della giornata politica. Mentre il presidente del Senato Renato Schifani interveniva invocando “stabilità” di fronte al “passaggio inderogabile” del voto sulla Finanziaria e chiede all’esecutivo e al Parlamento di attuare “il programma per cui si è stati eletti”, il deputato di Fli Fabio Granata ha scandito – intervenendo in radio – un ulteriore passaggio nel conto alla rovescia dell’esecutivo: “Domani, probabilmente subito dopo l’incontro tra Fini e Bossi, se non succede nulla di nuovo, e non succedera’ nulla di nuovo, ritireremo la delegazione al Governo”. Nel pomeriggio Gianfranco Fini ha ricevuto a Montecitorio il leader dell’Udc Pierferdinando Casini e il leader dell’Api Francesco Rutelli. Alcune fonti parlamentari riferiscono che nell’incontro si è affrontata la situazione politica e i possibili scenari che si verrebbero a determinare nel caso la trattativa portata avanti da Bossi si concludesse con un nulla di fatto. L’incontro non è affatto passato inosservato nelle file del Pdl, dove si teme che Fini, in realtà, stia tenendo i piedi in due staffe.  Nel partito di Via dell’Umiltà qualcuno che nutre dubbi sulla possibilità di un accordo con Fli legge la riunione di oggi pomeriggio come un primo passo verso il Terzo polo.

Il problema Finanziaria

Il nodo Finanziaria però resta e non può essere rimandato a data da destinarsi. Da un lato per l’appello del presidente Napolitano che sulla legge di bilancio ha chiesto uno sforzo del Parlamento. Dall’altro per la responsabilità di staccare la spina che nessuno vuole prendere in maniera definitiva. Almeno per tutta la prossima settimana, quindi, Berlusconi dovrebbe essere ancora formalmente a capo di un esecutivo in grado di portare il testo all’approvazione del Parlamento. Se i lavori della commissione Bilancio dovessero procedere regolarmente la Finanziaria potrebbe andare in discussione alla Camera già martedì prossimo. Intanto però il pacchetto di misure inserito nel maxiemendamento è stato ridotto: 5/5,5 miliardi di euro e non 7 miliardi come detto nei giorni scorsi. Dal provvedimento – ha spiegato il vice ministro Vegas –  scompaiono due miliardi, destinati prevalentemente allo sviluppo. Via i bonus-energia per le ristrutturazioni edilizie. Rifinanziato il 5xmille, ma probabilmente non per tutto l’anno. Il governo, insomma, non ha trovato i due miliardi in più necessari a finanziare completamente gli interventi.

“Mozione di sfiducia per il premier”

E dal voto sulla finanziaria in poi ogni provvedimento potrebbe essere terreno minato. Dalla riforma dell’Università alle mozioni dell’Italia dei Valori per revocare le deleghe al ministro Calderoli e quella di Fli sulla Rai. Fino alla annunciata mozione di sfiducia per il premier annunciata oggi dal segretario del Pd Pierluigi Bersani: “Il nostro obiettivo – ha detto a margine dell’assemblea dell’Anci – è di rendere evidente e formale la crisi. Abbiamo affidato ai nostri capigruppo, che se ne intendono, il compito di trovare i percorsi e le tecniche migliori per arrivare a questo obiettivo. Intanto, però, abbiamo cominciato a raccogliere le firme”.

Napolitano: “Chi governerà sia concreto”

Che il governo sia destinato a cadere, in effetti, sembra esserne convinto anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Intervenendo all’assemblea dell’Anci, Napolitano ha commentato: “Chiunque sarà chiamato a governare, ancora o nuovamente, dovrà fare i conti con i problemi concreti”. Oltre il de profundis, il presidente guarda già al dopo crisi.

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