Si sono vissuti momenti drammatici, stamattina, quando poco dopo le 10, i vigili del fuoco di Brescia sono saliti con un’autoscala a 40 metri d’altezza per cercare di convincere i sei occupanti della gru a posizionare sotto di loro almeno una rete di contenimento che serva in caso di caduta o di malore. I sei ragazzi sono subito usciti lungo il braccio della gru, urlando e minacciando di gettarsi nel vuoto se i pompieri non se ne fossero andati via subito.

A nulla sono servirti i tentativi del comandante provinciale dei vigili del fuoco, Salvatore Buffo, di convincere i sei immigrati della necessità di posizionare una rete a protezione di eventuali cadute. Jimmy, il portavoce dal gruppo, ha urlato: “Se non ve ne andate subito, noi ci buttiamo! Non vogliamo il vostro aiuto, non abbiamo bisogno di voi. Abbiamo invece bisogno di una soluzione che riguarda chi come noi sta soffrendo per la negazione di un diritto. Vogliamo il permesso di soggiorno. Abbiamo pagato per ottenere la sanatoria”. Poi, staccando altre parti metalliche della gru, hanno battuto rumorosamente verso l’esterno, scandendo: “Sanatoria, sanatoria! Diritti per tutti!”. I pompieri hanno dovuto abbandonare ogni tentativo perché raggiunti dal lancio di oggetti metallici e di alcune batterie dei telefonini

Una volta sceso dall’autoscala, abbiamo chiesto al comandante dei vigili del fuoco, il senso di un tentativo (quello di posizionare le reti metalliche) rifiutato da 10 giorni dagli immigrati. Salvatore Buffo ha così commentato: “Non è una nostra decisione autonoma. E’ una scelta adottata dal comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza e noi ci riproveremo nelle prossime ore. Non possiamo rischiare una loro caduta dall’alto”.

Intanto, sotto la gru, a non più di 50 metri, continua un presidio spontaneo di cittadini bresciani e immigrati in segno di solidarietà con i sei che da 10 giorni sono sulla gru. Stamattina il presidio era animato da una cinquantina di persone preoccupate della salute dei sei ragazzi. Ieri sera poco dopo le 22 hanno ricevuto i viveri portati dai volontari del comitato “Diritti per Tutti”, ma una cosa é certa: appaiono molto stanchi e debilitati, e da giorni non ricevono nemmeno la visita o l’assistenza di un medico o di uno psicologo. Due di loro avrebbero la febbre e il gruppo é esasperato da una soluzione che tarda ad arrivare. Poco dopo le 16 si è avuta notizia delle decisioni dei magistrati nei confronti dei manifestanti fermati ieri dopo lo sgombero del presidio sotto la gru e le cariche della forze dell’ordine: arresti domiciliari per Fabio, uno dei militanti del comitato Diritti per Tutti, fino al processo per direttissima che si svolgerà la prossima settimana. Per Singh Harjnder, il processo si terrà, invece, il 29 novembre.

La sua posizione era particolare: non era stato arrestato né per resistenza a pubblico ufficiale né per violazione dell’art. 18 delle Leggi di Pubblica Sicurezza, ma solo per violazione della legge Bossi-Fini. Ora la Questura deve decidere se procedere nei suoi confronti con un’espulsione, o liberarlo in attesa del processo, o, ancora, se trasferirlo in un Cie in attesa della sentenza. Per Mhemoud Kalid, un immigrato del Pakistan, il magistrato ha stabilito l’obbligo di firma fino al processo. Stessa sorte per Abou el Naim Sherif, un ragazzo egiziano, mentre altri sei immigrati stranieri sono stati trasferiti al Cie (il centro di identificazione e di espulsione) di c.so Brunelleschi a Torino e altri tre in quello di Milano.

di Leonardo Piccini

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