Un milione di “no” da tutta Europa agli Ogm. Forte e chiaro il messaggio della petizione lanciata da Greenpeace International: gli europei non vogliono prodotti contenenti “organismi geneticamente modificati” sulle loro tavole. Non sono gli unici, è un fatto che una multinazionale come come McDonald’s ha sottoscritto l’iniziativa. La petizione, indirizzata alla Commissione europea, potrebbe diventare la prima “legge di iniziativa popolare” prevista dal trattato di Lisbona entrato in vigore nel dicembre 2009. All’UE si chiede “una moratoria sugli Ogm fino a quando tutti i problemi di ordine scientifico ed etico non saranno risolti e l’istituzione di un ente scientifico, etico ed indipendente per valutare l’impatto di queste colture”.

Il problema è che la legge di iniziativa popolare europea (Ice), una della novità più interessanti del trattato di Lisbona, è ancora parzialmente sulla carta, e nessuno sa ancora come possa realmente funzionare. Di fatto, una volta ricevute le firme, la Commissione europea ha tempo 4 mesi per esaminare la proposta e trarre le sue conclusioni. Dall’altra parte, Greenpeace spinge sull’acceleratore, vista l’ambigua posizione della Commissione sugli Ogm. Lo scorso luglio, infatti, Bruxelles ha promesso agli Stati membri il diritto di vietare le coltivazioni transgeniche sul proprio territorio ma a patto che chiudano un occhio sull’autorizzazione di nuovi Ogm a livello europeo. Un caso che ha scatenato le proteste consumatori ed ambientalisti è stato, ad esempio, la coltivazione della patata transgenica Amflora, autorizzata dalla Commissione europea lo scorso marzo. La patata, prodotta dalla tedesca Basf, una delle compagnie chimiche più grandi al mondo, utilizzata esclusivamente per uso industriale, nell’alimentazione animale e come fertilizzante.

Una decisione che, secondo molti, ha vanificato l’entrata in vigore dei nuovi regolamenti europei sull’etichettatura di alimenti e mangimi contenenti Ogm dell’aprile 2004. Da allora, tutti i prodotti contenenti ingredienti con più dello 0,9 per cento di Ogm devono riportarne la dicitura in etichetta, compresi oli vegetali, amici, zuccheri e, soprattutto, mangimi. Il problema resta che non è prevista alcuna etichettatura per i prodotti derivati da animali nutriti con mangimi Ogm, come carne, uova e latticini. Senza dimenticare che in Europa non tutti gli Stati membri hanno vietato le coltivazioni transgeniche. In base a dati Greenpeace, si parla di quasi 95000 ettari coltivati ad Ogm nel 2009, circa 76mila dei quali nella sola Spagna. A seguire Portogallo (5000), Repubblica Ceca (6500), Romania (3200), Polonia (3000) e Slovacchia (875).

In Italia la coltivazione Ogm resta assolutamente vietata. Il Dl 212 del 2001 stabilisce a chiare lettere che si possono piantare solo con “una specifica autorizzazione, in assenza della quale è previsto l’arresto da sei mesi a tre anni e fino a 51mila euro di multa”. Proprio lo scorso settembre, il gip di Pordenone ha condannato un agricoltore locale a 25mila euro di multa e alla distruzione di due campi nei quali erano state piantate colture geneticamente modificate. Ciononostante gli Ogm rischiano di uscire dalla porta ed entrare dalle finestra, soprattutto viste certe dichiarazioni possibiliste del ministro all’agricoltura Giancarlo Galan. Proprio per questo si guarda con speranza alla legge UE di iniziativa popolare: “Il forte sostegno a questa iniziativa – sostiene Federica Ferrario, responsabile campagna Ogm di Greenpeace Italia – conferma che gli europei vogliono una moratoria sugli OGM. La Commissione europea deve prendere sul serio le richieste avanzate e smettere di promuovere gli Ogm. Riguardo all’Italia – conclude Ferrario -, la buona notizia è che le Regioni all’unanimità hanno recentemente annunciato in Commissione il loro compatto no alle coltivazioni Ogm”.

Articolo Precedente

La società dei beni comuni

next
Articolo Successivo

“Provincializzare i rifiuti? Un ostacolo allo smaltimento dell’immondizia in Campania”

next