Per chi non abita dalle nostre parti, vale la pena ricordare che il mio paese è attraversato da:

– Via Emilia;
– Ferrovia Milano-Bologna;
– Autostrada A1;
– Linea ferroviaria Alta Velocità.

Questi importanti assi viari sono inseriti in una delle aree più industrializzate, e di conseguenza cementificate, di tutto il territorio nazionale. Non vi sorprenda quindi il fatto che, vista dal satellite, l’Emilia Romagna risulta essere una delle aree più inquinate del pianeta.

Questi brevissimi dati di partenza dovrebbero imporre, a chiunque sia chiamato ad amministrare le nostre terre, perlomeno un poco di prudenza nel progettare interventi che possano compromettere ulteriormente lo stato già precario, per non dire di peggio, del nostro ecosistema.

Sottovalutando drammaticamente questi aspetti, invece, è all’ordine del giorno, ormai da alcuni anni, la realizzazione di un tratto stradale denominato Via Emilia Bis che, correndo parallelamente a quello esistente, sarebbe in grado di risolvere – secondo i promotori – buona parte dei problemi legati al traffico di auto e di mezzi pesanti che attualmente ingorga la “storica” Via Emilia.

In pochi, pochissimi a dir la verità, ci stiamo battendo affinché le province di Parma e Reggio Emilia, oltre ai comuni limitrofi alla Via Emilia, desistano da questo progetto che sembra riscuotere anche il consenso della maggioranza dei cittadini.

Nessuno degli amministratori provinciali o regionali, che più di ogni altro si occupano della questione, pare essersi preoccupato di esaminare attentamente la tipologia di traffico che ingorga quotidianamente la Via Emilia e, soprattutto, di verificare se esistono possibili forme alternative di mobilità, meno costose, meno inquinanti, più rapide e più convenienti per gli utenti.

Io ero ancora ventenne (oggi ho quasi cinquant’anni) quando ascoltavo gli amministratori locali che, per convincerci della necessità di costruire l’Alta Velocità, ci spiegavano che poi l’attuale linea ferroviaria Milano-Bologna si sarebbe trasformata in “metropolitana di superficie”.

Anche per questo motivo, molti cittadini si sono convinti della necessità dell’opera. Nel frattempo l’opera è costata almeno 20 volte di più di quanto preventivato, non è ancora finita dopo trent’anni, la ferrovia storica ha subìto ogni sorta di tagli di risorse e gli abitanti continuano a viaggiare in auto.

Voi che leggete, dovete sapere che lungo l’asse storico della ferrovia Milano-Bologna sono insediate le più grosse aree industriali e commerciali della nostra zona: la Bellarosa, l’Ex Salamini, Corte Tegge, l’area di San Pancrazio, solo per citarne alcune tra le più note. Sono aree che occupano migliaia di lavoratori che, ogni giorno, non hanno altro mezzo a disposizione, al di là dell’auto, per raggiungere il proprio luogo di lavoro.

Basterebbe costruire delle stazioni di fermata (a New York ce ne sono diverse in superficie, fatte in assoluta economia, e quindi non è certo necessario erigere delle “cattedrali”) all’interno di queste aree industriali per ottenere immediatamente una riduzione drastica del traffico stradale, che per almeno il 60% è formato da pendolari che lavorano lungo l’asse della Milano-Bologna.

Basterebbe far percorrere ai treni tratte più brevi e molto più frequenti, per consentire a tutti di recarsi al lavoro guadagnando tempo e risparmiando in soldi e salute.

Spiegatemi perché un treno deve obbligatoriamente andare da Milano a Bologna. Non è possibile fare da Milano a Piacenza avanti e indietro? E poi da Piacenza a Reggio avanti e indietro, e ancora da Reggio a Bologna avanti e indietro, con tante fermate in più intermedie?

Se un utente vuole farsi la tratta intera, prende l’Alta Velocità, oppure va in aereo, oppure scende nelle stazioni di cambio. È davvero così complicato?

Si preferisce, invece, investire non so quanti miliardi di euro in un progetto di cui, come al solito, non si riesce a vedere la fine, puntando ancora una volta sull’auto quale mezzo di locomozione, senza curarsi delle conseguenze irrimediabili che i nostri figli dovranno subire a causa della miopia di una classe dirigente sempre più preoccupata a conservare il consenso nel breve periodo di una legislatura e sempre meno occupata a progettare un futuro possibile per il nostro Paese.

Sapete perché oggi vi racconto questo?

Perché ieri ho avuto l’ennesima prova di come alcune cose sensate possano davvero funzionare.

Dopo tanti anni in cui la stazione ferroviaria di Sant’Ilario d’Enza sembrava destinata a un’inesorabile chiusura, così com’è accaduto a molte stazioncine di piccoli paesi, ieri ho contato, alle 8 del mattino, almeno 50 persone che hanno preso il mezzo per recarsi a Reggio, Modena o Bologna, grazie a un lungimirante, benché minimo, intervento della Regione Emilia-Romagna che ha moltiplicato le fermate dei treni (più o meno una ogni ora).

Già mi era capitato nelle scorse settimane di usufruire di altre corse, in altri orari: in tutte ho notato una buona affluenza di studenti e lavoratori.

Prima era il deserto. D’altra parte c’erano un treno alle 6 di mattina e l’altro alle 13…

Figuratevi il potenziale che avrebbe una linea del genere se solo si fermasse, con maggior frequenza, nelle aree che vi dicevo! In pochi minuti si arriverebbe dappertutto, senza code, senza stress e senza l’onere economico e ambientale della benzina.

Tra l’altro, considerati i tempi di crisi che stiamo attraversando, nessuno può realisticamente pensare che la realizzazione della Via Emilia Bis possa concretizzarsi prima di 15 anni.

Se c’è qualcuno, magari un abitante delle mie parti, che vuole farmi conoscere un aspetto positivo della vicenda, io sono qui, pronto anche a ricredermi…Vi prego, però, di non venirmi a dire che così ci togliamo il traffico dal centro dei paesi. Con quel che stanno costruendo i comuni a ridosso delle tangenziali, fra qualche anno (non fra 15) queste nuove strade saranno già in mezzo a centri abitati e quei cittadini che si troveranno la Via Emilia Bis sotto il balcone di casa avranno lo stesso diritto di chiedere un’altra strada più lontana da loro.

Io allora sarò sottoterra, ma nel frattempo, cari Amministratori, Presidenti e Assessori, siamo certi che non vi sia altra “strada” da percorrere per evitare di distruggere quel poco che ci è rimasto e per permettere che almeno i fiori sulle tombe non appassiscano nel giro di poche ore?

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