Il benzoapirene fa venire il cancro. Ogni giorno respiriamo tanti inquinanti, (polveri sottili), dei quali non è scientificamente accertato che possano essere cause scatenanti del male più diffuso del nostro secolo (purtroppo quasi in ogni famiglia italiana c’è un caso), ma su questo microinquinante si è pronunciata l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro che lo ha classificato nella categoria 1, quella della massima pericolosità. Per indicarne il rischio chimico il benzoapirene viene rappresentato con un teschio su sfondo arancione. E tanto può bastare per non avvicinarsi o smettere di respirare.

La soglia che non dovrebbe mai essere superata è quella di un nanogrammo per metro cubo, perché ogni nanogrammo in più, secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), potrebbe determinare nove nuovi casi di cancro ogni centomila abitanti. In alcune città dove insistono determinati impianti industriali, come accade a Taranto in Puglia per gli stabilimenti Ilva, è, quindi, necessario un continuo monitoraggio dell’aria.

L’Italia aveva una legislazione innovativa a tutela della salute, già con il decreto ministeriale del 25 novembre 1994 veniva stabilito che la soglia di rischio non doveva essere superata a partire dal primo gennaio 1999; questa norma era stata poi inglobata nel decreto legislativo n.152 del 2007 il quale imponeva un dovere di intervento pubblico nel caso si superassero gli indicatori di rischio e poi prevedeva una serie di provvedimenti che potevano arrivare sino alla chiusura dell’impianto industriale.

Il 13 agosto scorso il governo B. e il suo ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo nonostante il clima estivo invogliasse ad andarsene in vacanza lavoravano indefessamente per il nostro Paese e con il decreto legislativo n.155/2010 recepivano la direttiva europea 2008/50/CE relativa alla «qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa». Il nuovo decreto cogliendo la ghiotta opportunità offerta dalla norma europea (peggiorativa rispetto alla nostra vigente) ha abrogato la nostra e di fatto ha previsto uno slittamento al 31 dicembre 2012 del superamento della soglia di rischio; e cioè sino a quella data le industrie inquinanti potranno superare un nanogrammo per metro cubo di benzopirene nelle città superiori a 150mila abitanti. In più l’abrogazione del decreto n.152/2007 ha fatto cadere tutti quegli strumenti e opportunità di intervento a tutela della salute.

Dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del nuovo decreto (15 settembre scorso) è avvenuta sul web ad opera di Peacelink, Legambiente e altre associazioni una vera e propria mobilitazione per chiedere al governo (qui la sua risposta ufficiale) di fare retromarcia e riportare sostanzialmente in vita le norme del vecchio decreto.

In Puglia a sostegno delle popolazioni tarantine (il 29 novembre scorso a Taranto c’è stata una manifestazione) è intervenuto il governatore Vendola la cui giunta ha appena approvato un disegno di legge che riporta ad un nanogrammo al metro cubo il limite invalicabile del valore medio su base annuale di quella tipologia di emissioni per l’area Ionica. Se il limite viene superato sono previste una serie di misure a carico di chi inquina.

Il problema, riferisce Legambiente, riferendosi a dati pubblicati da diverse Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, «non riguarda solo città industriali come Taranto, Trieste o Venezia, ma anche capoluoghi come Padova o aree metropolitane come quelle di Milano e Torino, dove è rilevante anche il contributo del traffico».

Alcuni studi riferiscono poi che il benzoapirene (che fa parte della famiglia degli IPA idrocarburi policiclici aromatici) può provocare il cancro non solo se inalato, ma anche per ingestione in quanto entra nella catena alimentare attraverso cibi come l’olio d’oliva. Sarebbe in grado anche di modificare il DNA che i genitori trasferiscono ai figli.

Magari il governo B. ha agito in buona fede, magari non voleva salvare l’Ilva o fare un favore agli industriali che non si adeguano alle norme antinquinamento – e qui val bene precisare non vogliamo certo riferirci alle industrie chimiche siracusane di proprietà della famiglia del ministro Prestigiacomo – ma adesso è il momento di rimediare, la nostra salute non può attendere il 31 dicembre 2012.

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