Negli ultimi 4 anni la Procura della Repubblica ha compiuto sequestri di vini delle più importanti denominazioni vinicole toscane: Vernaccia di San Gimignano, Vino Nobile di Montepulciano, Chianti, Brunello di Montalcino. Ne sono conseguiti vari patteggiamenti di aziende (e persone) investigate, che hanno comportato il dissequestro e il declassamento di milioni di bottiglie.

Negli ultimi giorni sono avvenuti gli esiti e patteggiamenti finali dell’affare Brunello di Montalcino, di cui mi sto occupando da non poco tempo. L’indagine della Procura di Siena era stata diffusa 2 anni fa (era cominciata 3 anni fa): in questo tempo è stata scritta o affermata qualunque cosa, anche le più inverosimili. Affinché, nell’universo delle affermazioni opposte, ci siano soltanto opinioni: mai la verità dei fatti.

Così, non sorprende di leggere qualche settimana fa: “Non esistono prove che un Brunello sia stato tagliato con il Merlot”. Ciò che sorprende, però, è che tale affermazioni sia stata fatta dall’espertissimo Daniele Cernilli: direttore del Gambero Rosso, da 30 anni nel mondo del vino. È una sua opinione privata, o è quella del gruppo editoriale che rappresenta? Lo stesso Cernilli aveva scritto qualche tempo prima:
Nessun produttore ha declassato i suoi Brunello perché è stato provato che li avesse tagliati con altri vitigni. Su questo non ci sono prove ed il sistema analitico proposto per fare luce sulla questione, non è stato ritenuto attendibile… Neri (Giacomo Neri, Azienda Casanova di Neri, da anni una delle più premiate dal Gambero Rosso N.d.r.), che ho raggiunto telefonicamente a New York, mi ha detto che lui è stato scagionato senza dover declassare nulla… aveva fatto a suo tempo un comunicato dichiarando il proprio proscioglimento, e questo continua a sostenere con forza”.

Per quale motivo il direttore del più influente gruppo editoriale enogastronomico d’Italia fa simili affermazioni inesatte? I fatti accertati sono invece i seguenti:

1. L’azienda Casanova di Neri (il cui Brunello Tenuta Nuova 2001 è stato stimato miglior vino del mondo da una delle più famose riviste vinicole degli Stati Uniti), ha patteggiato con la Procura di Siena quasi un anno fa, secondo sentenza numero 253 del 24-11-2009 – Tribunale di Siena – giudice indagini preliminari.

2. Come è scritto nel comunicato stampa della Procura di Siena, i declassamenti e patteggiamenti delle varie aziende sono avvenuti proprio perché i vini erano illegalmente stati “tagliati con altri vitigni”. Insomma il Merlot non era coltivato a fini di giardinaggio. Ci sono varie prove. Sono perfino state rinvenute schede di massa (che indicano la composizione dell’assemblaggio d’un vino) attestanti l’uso del Merlot dalla metà degli anni Ottanta. Mentre il disciplinare del Brunello da decenni impone l’uso di solo Sangiovese. Dunque alcuni vini che per anni sono stati premiati da guide o riviste come i più rappresentativi fra i Brunelli, erano invece rappresentativi di atti illeciti. Le sentenze di patteggiamento sono avvenute in seguito alle varie prove rinvenute. Pertanto non sono state le analisi a provare le irregolarità. Le analisi sono state fatte soltanto dopo i sequestri, per stabilire esattamente quali partite di vino non potessero andare in commercio come Brunello DOCG. La Procura ha affidato tali analisi o consulenze tecniche all’Università di Firenze e al Centro di Ricerca Enosis in provincia di Alessandria: da cui la conferma che i Brunelli venivano fatti con aggiunte di vitigni non autorizzati dal disciplinare di produzione. Quindi le analisi sono e sono state valevoli, pure secondo un noto professore/consulente d’una delle aziende investigate, il quale è stato intercettato al telefono: pubblicamente ha denigrato il valore delle analisi, privatamente lo ha riconosciuto.

Del resto, il nuovo Presidente del Consorzio del Brunello, Ezio Rivella, già direttore della Banfi dalla fine degli anni Settanta, e dunque decennale conoscitore della situazione produttiva a Montalcino, ha dichiarato in un’intervista a Carlo Macchi (da me già riportata in un intervento passato) che per anni l’80% dei Brunelli è stato fatto aggiungendo Merlot al Sangiovese. La proporzione 80% è iperbolica, ma comunque indicativa dell’accaduto. È probabile che la dichiarazione intenda giustificare futuri cambiamenti del disciplinare, che permettano di “sanare” l’illecita presenza dei vitigni internazionali e la coltivazione di uve in aree non vocate, condonando il tutto con nuova denominazione che riporti comunque in etichetta il nome Montalcino. Tanto per sfruttarlo ancora di più.

Almeno l’atteggiamento resta “autoctono” italiano.

La Procura di Siena ha pure dovuto fare un secondo comunicato stampa l’anno scorso, dopo che una rinomata azienda, pur avendo patteggiato, aveva annunciato il dissequestro dei propri vini lasciando intendere d’essere stata prosciolta. Dal secondo comunicato stampa della Procura:

«Le recenti notizie apparse sui mass media… inducono la Procura di Siena a fornire alcune precisazioni per assicurare una corretta informazione a tutela di tutti i produttori e dei consumatori finali… Gli uomini della Guardia di Finanza di Siena e dell’Ispettorato Centrale del Controllo Qualità dei Prodotti Agroalimentari di Firenze, hanno eseguito numerosi interventi investigativi delegati dall’Autorità Giudiziaria di Siena: perquisizioni a sedi aziendali ed abitazioni, acquisizione ed analisi documentazione presso il Consorzio del Brunello di Montalcino, ispezioni sui vigneti, rilevamenti fotografici da terra e da mezzi aerei, intercettazioni telefoniche, analisi di copiosa documentazioni contabile ed extracontabile. Tali attività hanno consentito di accertare che molte imprese coinvolte hanno violato i disciplinari di produzione dei vini Brunello di Montalcino D.O.C.G. e del Rosso di Montalcino D.O.C… In seguito al rigetto delle istanze di restituzione del prodotto sequestrato da parte del Tribunale del Riesame di Siena, e successivamente all’esito delle consulenze tecniche disposte per verificare il rispetto del Disciplinare di Produzione del Brunello di Montalcino D.O.C.G. 2003, che hanno accertato che nel prodotto analizzato non vi era il 100% di uva sangiovese, la quasi totalità dei produttori vinicoli interessati, ha richiesto ed ottenuto il declassamento di parte del vino sotto sequestro in modo da poterlo commercializzare ugualmente»

Continua…

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