I primi timidi cambiamenti si vedranno a breve e qualcuno si vede già: ad esempio, verranno rimossi i calcinacci vicino allo storico teatro Bol’shoj, chiuso per lavori di ristrutturazione dal 2005. Verrà finalmente ultimato il rifacimento del Planetario, fermo dal 1994. Persino il dialogo con l’opposizione potrebbe conoscere una nuova stagione con il sindaco di Mosca ad interim, Vladimir Resin, quello che dal 28 settembre ha preso il posto del “dimissionato” Jurij Luzhkov, primo cittadino su quella poltrona ininterrottamente per 18 anni. Segnali di discontinuità.

Come quello del primo ottobre scorso quando un piccolo drappello di attivisti gay ha protestato davanti alla sede della Swiss Airlines, nel vicolo Poslednij. Pacificamente e senza il consueto intervento degli Omon, i temibili agenti speciali antisommossa russi. Una assoluta novità a Mosca dove Luzhkov aveva sempre opposto il suo “niet” al Gay pride, considerato “una manifestazione di Satana”. E chi, nonostante i divieti, ha voluto provare lo stesso a scendere in piazza, ha preso botte, oltre che dagli Omon, anche da estremisti ortodossi e neonazisti che invece in piazza ci andavano eccome.

Come lo scorso novembre quando venne autorizzato un concerto di rock band neonaziste sotto le mura del Cremlino.

Segnali di discontinuità con la gestione precedente anche se è troppo presto per dirlo. Sicuramente qualcosa cambierà nel campo urbanistico e delle costruzioni. Perché insieme a Luzhkov, dalla via Tverskaja 13, sede del municipio di Mosca, non avrà più accesso la moglie dell’ex-sindaco, Elena Baturina, la donna più ricca di Russia. A capo della potente Inteko, la donna che, secondo la leggenda, iniziò il suo business vendendo spazzolini da wc, oggi è il tycoon dell’edilizia. E non è un caso se il vecchio Luzhkov sarà ricordato per le sue costruzioni faraoniche nella capitale russa (qualche anno fa aveva in mente di costruire un dedalo di sopraelevate e giardini pensili dai palazzi), come quello che ha raso al suolo un intero quartiere, Rechnik, per costruire centri commerciali e residenziali e di aver chiuso l’immenso mercato di Cherkizovskij, una specie di gigantesca Porta Portese, piena di immigrati cinesi, che per poco non scatenò una guerra diplomatica proprio tra Russia e Cina.

Luzhkov era potente, allora. Poi arrivarono le accuse di corruzione da parte del leader liberal-democratico, Vladimir Zhirinovskij (che si è anche proposto candidato sindaco), i roghi estivi di Russia, l’assenza per ferie del primo cittadino, la campagna stampa delle tv di Stato. Anche se, probabilmente, il passo decisivo è stata la decisione del presidente Medvedev di sospendere i lavori dell’autostrada Mosca-San Pietroburgo che prevedevano il disboscamento del polmone verde di Khimki, un progetto che aveva fatto indignare privati cittadini e attivisti, musicisti e persino Bono Vox degli U2 che, a tu per tu col capo del Cremlino, ha affrontato la questione. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, facendo capire a Luzhkov che forse il suo tempo era finito. Ancora una storia di costruzioni.

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