PARIGI – Va bene, niente a che vedere con le «italianate» cui siamo abituati. Esempi madornali e imbarazzanti, a cominciare dal nostro caro premier. Ma il conflitto d’interesse è un problema pure nelle alte sfere della politica francese. Argomento tabù, aleggiante in un «non detto» comodo per tutti, è emerso finalmente chiaro e tondo in un libro appena uscito, «Pour en finir avec les conflits d’interets». Sì, finiamola una volta per tutte con i conflitti d’interesse. Lo sostiene Martin Hirsch, l’autore, per tre anni ministro di Nicolas Sarkozy, fino al marzo scorso. Non esita a puntare il dito su casi specifici. Tipo il deputato attivissimo in parlamento, che continua a fare l’avvocato d’affari in settori sensibili. O l’ex ministro delle Poste che si compra la villazza in Costa azzurra vendendo raccolte di francobolli rari ricevute in dono durante il mandato.

Cominciamo da Hirsch. Quarantasei anni, alto funzionario pubblico, puro prodotto delle migliori scuole della repubblica. Ma, in parallelo alla sua carriera, anche una delle persone più vicine, fino alla morte, all’abbé Pierre, il fondatore di Emmaus. Lo stesso Martin ha lavorato per anni (come volontario, non pagato) per l’organizzazione. Insomma, un personaggio al di sopra di ogni sospetto. E uno di quei cattolici in odore di sinistra, che dicono le cose con un sorriso mesto e pacato E, quando meno te lo aspetti, possono inviare micidiali affondi. Appena eletto, Nicolas Sarkozy lo aveva nominato commissario alle Solidarietà attive contro la povertà, nonostante la maggioranza di centro-destra, che non l’ha mai amato, storcesse il naso. Erano i tempi di Sarkozy volto umano e moderno della destra europea. Hirsch ha riformato l’insieme degli aiuti sociali ai più poveri. Ma sette mesi fa, stanco della deriva reazionaria del presidente, ha sbattuto la porta.

Ora mette sul tavolo un problema che nessuna legge regola in quel di Francia. E nel suo libro, pubblicato da Stock, fa pure qualche nome. Ad esempio quello di Jean-François Copé, capogruppo all’assemblea nazionale dell’Ump, il partito di Sarkozy. Quarantenne rampantissimo, che sogna un giorno di diventare presidente, Copé è pure avvocato d’affari, con un contratto part time nello studio Gide Loyrette e uno stipendio di 20mila euro netti mensili. In parlamento è riuscito a bloccare una riforma che prevedeva di assimilare certi consulenti agli avvocati d’affari (e rubare loro un po’ di lavoro).

Quanto a Gérard Longuet, capogruppo Ump al Senato, già ministro delle Poste dal 1986 al’88, avrebbe comprato una villa sulla Costa azzurra vendendo francobolli rari che si era fatto regalare dalle Poste nazionali all’epoca del suo mandato. Senza considerare che fra il 2008 e il 2009 Monsieur Longuet è stato a busta paga per svariate consulenze del colosso pubblico energetico Gdf Suez, mentre in aula doveva coordinare il dibattito sui testi che hanno privatizzato in parte il gruppo. Hirsch si è fermato qui, ma apparentemente di storie simili, un po’ piccine, un po’ meschine, ce ne sarebbero a iosa. Nessun accenno a Eric Woerth, ministro del Lavoro e prima del Bilancio, invece un caso interessante. Fino al luglio scorso è stato anche tesoriere dell’Ump. Mentre la moglie Florence lavorava come commercialista presso Liliane Bettencourt, la donna più ricca di Francia, al centro di una storiaccia di evasioni fiscali e di possibili tangenti per Sarkozy.

Agli ex alleati, ovviamente, il libro di Martin non è piaciuto per nulla. «Ha commesso un errore», ha detto in maniera sibillina il presidente. Il «filatelico» Longuet ha ammesso di avere avuto con Hirsch al telefono «uno scambio franco e virile»: in sostanza lo ha mandato a quel paese. Intanto, pero’, il dibattito è iniziato. Sarkozy aveva già nominato un gruppo di esperti in vista di un’eventuale legge, ma le sue attività erano finora praticamente nulle. Il ritmo di lavoro degli esperti dovrebbe cambiare, è la promessa del presidente nei giorni scorsi. Secondo il sornione Martin esistono diverse soluzioni: «Una è proibire ai politici certe attività. E poi bisogna imporre loro di dichiarare pubblicamente le aziende per le quali lavorano cosi’ da escluderli dai dibattiti parlamentari che le riguardano». Sembra cosi’ semplice. Ovvio. Ma nella Francia di Sarkozy non lo è per niente.

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