Una legge per contrastare le infiltrazioni mafiose negli appalti e non solo. In Lombardia. Questa è la notizia. E adesso si gioca a carte scoperte. Chi è contro, chi vorrà affossare, insabbiare, nascondere ora dovrà farlo alla luce del sole, senza paraventi di partito, mettendoci la faccia e il nome sul voto.

Adesso le cose stanno così. Questa mattina, invece, l’ipotesi di lavoro, portata avanti da alcuni consiglieri, ruotava attorno a un pacchetto di lezioni sulla legalità da portare nelle scuole. Peccato però che sul tavolo della commissione due di Regione Lombardia sia finito qualcosa di più concreto e ben più pesante: l’idea di una legge quadro sul modello di quella che il Piemonte ha approvato nel 2007.

Detto fatto. Quel pugno di consiglieri (ci sono tutti Idv, Pdl, Lega nord, Sinistra ecologia e libertà), prima ne parla informalmente. Quasi una riunione carbonara. Ma l’idea piace a tutti e subito. Nessuno tergiversa. In testa Renzo Bossi, Lega e pedigree stranoto. A lui il compito di presiedere la commissione prevista da lì a poche ore. A puntellare la proposta c’è anche Lorenzo Frigerio di Libera Lombardia. Nel frattempo, qualche piano più in alto, ma sempre in Consiglio regionale, il presidente del consiglio, Davide Boni, discute con alcuni componenti della Carovana antimafia.

La notizia, però, corre. E dai piani bassi, sale. Boni l’acchiappa e la fa sua. Dice senza esitare: “Grazie all’incontro di oggi è stata impressa una forte accelerazione alla stesura di una legge quadro efficace sugli appalti”.

Giulio Cavalli, casacca Idv per necessità di lotta (antimafia) istituzionale, strabuzza gli occhi. Poi sorride. Già, perché, in Commissione mica ci stava Boni. No, c’erano altri. Lui, Cavalli, ma anche Renzo Bossi e l’azzurro Roberto Alboni. Tutti d’accordo (stranamente). E tutti in commissione. La decisione esce svelta: trenta giorni, poco più poco meno, per redigere un documento consistente che finalmente dia forma e contenuto ai controlli sulle infiltrazioni mafiose. In testa, ovviamente, gli appalti pubblici.

E che la carta verrà redatta non ci sono dubbi. Le certezze iniziano a sfumare quando il tutto approderà di nuovo in commissione e poi in Consiglio regionale. Qui bisognerà voterà. Sui tempi si vedrà. Quello che resta e conta è che da oggi la Lombardia cancella amnesie e ignoranze. La mafia al nord è dato acquisito, non più solo dai tribunali, ma anche da quella politica che vola alto e non si impantana nelle maglie di partito. Sì perché ora chi vuole sparigliare di nuovo, negando e omettendo, dovrà metterci nome e cognome, al di là della divisa.

A sera la notizia rimbalza anche alla feste milanese del Popolo della libertà. E l’assessore al commercio Stefano Maullu taglia corto: “Tutto ciò che si fa contro la criminalità va bene”. Ora, proviamo ad argomentare, si tratta di una questione di responsabilità, nessuno può sottrarsi. Maullu sorride: “Guardi, se vuole una dichiarazione ufficiale le ripeto: tutto ciò che si fa contro la criminalità va bene”. Va bene così. Avremmo voluto chiedergli di quelle carte giudiziarie che raccontano della sua presenza a una cena con l’intera famiglia Madaffari coinvolta, in alcuni suoi componenti, nelle ultime inchiesta di ‘ndrangheta. Maullu riattacca. Lui, comunque, non è indagato.

Va peggio con Alessandro Colucci (non indagato), neo assessore al Peasaggio. Ci piaceva dargli la palla per sgomberare i dubbi su quella sua cena (era il 2005) con il boss Salvatore Morabito. Nulla. E nulla anche con Romano La Russa, coordinatore provinciale del Pdl. “Colucci – ci dice l’addetto stampa – è alla festa del Pdl, sta partecipando a una consulta con tutti i sindaci del Popolo della Libertà, è con La Russa”. Diamo atto, convinti che la loro risposta sarebbe stata entusiata come quella di Maullu.

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