C’è uno spazio comunicativo in crescita, davvero prezioso per rivitalizzare il dialogo democratico, a fronte di un rischio gravissimo: il suo inquinamento acustico e la sua colonizzazione da parte di ristretti interessi economici.

Il sociologo di Berkeley Manuel Castells lo definisce “autocomunicazione orizzontale di massa”: la piazza virtuale creata dai cosiddetti Web 2.0 e 3.0, “ossia il grappolo di tecnologie, dispositivi e applicazioni che supportano la proliferazione degli spazi sociali in Iternet” (Comunicazione e Potere, Egea Milano 2009).

Dimensione frequentata in prevalenza dalle generazioni più giovani, i cosiddetti Millenials (quanti hanno compiuto il percorso all’età adulta nel Terzo Millennio) che si sono formati sulla schermata del Pc o del cellulare; a differenza di noi anziani che l’abbiamo fatto sulla pagina scritta del libro. Non è un caso – per inciso – il successo de Il Fatto Quotidiano cartaceo che conquista lettori anche in questa fascia generazionale, solitamente refrattaria al cartaceo, proprio perché ha saputo sintonizzarsi con i format dell’on line.

Qui, nel cyberspazio, nel mondo wireless, si aprono autostrade per la discussione e la partecipazione in forme nuove, ancora tutte da esplorare e mettere a punto. Comunque già sappiamo che la vittoria elettorale di Zapatero in Spagna è anche figlia delle centinaia di messaggini che smascherarono la truffa mediatica tentata dal premier uscente Aznar per attribuire ai baschi l’attentato terroristico islamico della stazione di Atocha; che il successo di Obama è legato all’uso intelligente dei social forum; che la dissidenza cinese e iraniana utilizza i blog come megafono per denunciare le malefatte dei rispettivi regimi. Non va dimenticato come nel 2003 il blocco informativo delle autorità di Guangdong sull’epidemia Sars venne forzato grazie alle e-mail e agli sms dei medici e dei parenti degli ammalati.

Ci siamo ripetuti più volte che la mobilitazione per le grandi adunate del No-B Day del dicembre scorso è stata attivata proprio grazie alle potenzialità connettive della “mobile comunication”.

Dunque, le nuove tecnologie aprono opportunità pressoché infinite di incontro e confronto democratico. Ma su questo spazio di libertà stanno indirizzandosi le mire di chi vorrebbe asservirlo alle logiche della commercializzazione e del profitto. Si parla di “murdochizzazione dei media” e la battaglia per “Internet libera” è tuttora in corso. Così come la crescente denuncia dei rischi autoritari insiti nei processi di concentrazione nel mondo delle informazioni e ormai sono noti i danni arrecati alla determinazione degli orientamenti collettivi da tycoon come Rupert Murdoch o il nostro Silvio Berlusconi.

Ma c’è un’altra minaccia incombente, altrettanto pericolosa, rappresentata dall’uso deviato (e sostanzialmente distruttivo) che noi stessi facciamo di tale opportunità. Prendiamo questo blog, dove provo ad avviare discussioni critiche (e la critica – dice Michel Foucault – è lo smascheramento del Potere nei suoi discorsi di Verità e la Verità nelle sue pratiche di Potere). Fateci caso: non pochi interventi sono in perfetta sintonia con l’intento, seppure – ovviamente – sostenendo anche tesi molto divergenti e al limite contestative. Ed ecco che subito dopo irrompono post che non entrano nel merito ma tentano di bloccare la discussione con aggressioni verbali e sentenze apodittiche. E la comunicazione (che significa processo a due vie, come scambio di enunciati e feed back) viene sommersa da rumori antichi, tra l’insulto gratuito o il pernacchio plebeo; la brutta abitudine di storpiare i nomi (uso fascista, rilanciato per primo da Emilio Fede). Non è questione di bon ton, è molto di più: la dissipazione incivile della straordinaria possibilità di intendersi reciprocamente. Imbarbarimento delle pratiche discorsive spiegabile con il fatto che si sono perse le regole del dialogo e ormai ci siamo assuefatti allo spot come sostitutivo del ragionamento. E la garanzia di anonimato dello pseudonimo diventa il riparo da dove il cecchino può sparare indisturbato i suoi colpi proditori, un po’ vigliacchi.

Poi ci sono altri aspetti inquietanti, che inducono al sospetto sulla conclamata natura “sorgiva” di tanti discorsi in rete. Leggi simulazione commerciale della spontaneità. Infatti già operano società che – previo pagamento – intasano di commenti avversi un sito sgradito. Persino uno dei blog più frequentati – quello di Beppe Grillo – risulterebbe un artefatto: MicroMega (rivista a cui collaboro da oltre quindici anni) segnalava due numeri fa la sua totale gestione da parte di un gruppo di tecnici ex Telecom.

Insomma, contro le manipolazioni si consiglia come sempre l’uso critico della ragione. Perché, se le tecnologie sono neutrali, tale non è l’utilizzo che ne facciamo. Di cui dobbiamo assumerci la responsabilità. E vigilare. Soprattutto se si tratta dell’aggressione ai nuovi spazi comunicativi democratici.

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