Nonostante gli enormi problemi ed indebitamenti della Fiat e nonostante il fatto che l’Italia sia il Paese con il più alto numero di auto pro capite al mondo dopo gli USA, si sente ancora parlare di rilancio dell’industria automobilistica. Ma è davvero possibile risolvere i problemi finanziari ed occupazionali del settore auto con “ecoincentivi”, incentivi alla rottamazione e trovate di questo genere? In Paesi come il Giappone e la Germania si è iniziato a pensare che non sia così, e si ritiene che la crisi dell’auto possa addirittura essere un’opportunità, un’occasione per mettere in atto un piano di riconversione, che sfrutti la micro-cogenerazione di energia.

L’ideatore di questa tecnologia non è né tedesco né giapponese, però. È piemontese e si chiama Mario Palazzetti, un ingegnere ex membro del Centro Ricerche Fiat con più di 80 brevetti alle sue spalle che inventò, nel 1973, il primo micro-cogeneratore di energia. Il suo slogan in quegli anni diventò “dove c’è una fiamma deve esserci un motore”, per dire che con il combustibile con cui si produce calore si può produrre energia elettrica e utilizzare il calore di scarto per il fabbisogno di energia termica. La cosa poteva interessare la Fiat, in quanto capace di produrre buoni motori, ma il progetto fu ceduto ad altri negli anni ’80, all’epoca della grande “illusione nucleare”, nella quale Fiat sarebbe stata coinvolta con la produzione di turbine.

Il Total Energy Module (TOTEM), l’ingegnoso cogeneratore di energia costruito a suo tempo usando il motore di una Fiat 127, è una macchina rivoluzionaria nella sua semplicità, capace di generare energia termica per autoconsumo ed energia elettrica vendibile alla rete. L’applicazione più diffusa e conosciuta di cogenerazione è il sistema di riscaldamento delle automobili, in cui si utilizza il calore che il motore sviluppa mentre produce l’energia meccanica necessaria a farle viaggiare. Analogamente, se il motore termico venisse usato per far girare un alternatore, anziché le ruote di un’auto, si potrebbe produrre energia elettrica e, contemporaneamente, il calore sviluppato dal motore potrebbe essere impiegato per riscaldare l’acqua per usi sanitari o per il condizionamento termico degli ambienti.

Il Totem è un cogeneratore di piccola taglia che, utilizzando un motore da 903 centimetri cubi alimentato a gas naturale (o a biogas nelle aziende agricole), collegato con un alternatore asincrono, produce una potenza elettrica di 15 kW (quanto basta al fabbisogno medio di una ventina di appartamenti) e, contemporaneamente, recuperando il calore dei gas di scarico e quello sviluppato dal motore, eroga 33.500 Cal/ora, sufficienti a riscaldare tre piccoli alloggi. Insomma, luce e riscaldamento dal motore di un’auto, con un rendimento però nettamente superiore e ad un costo molto ridotto, se paragonato alla costruzione di grandi centrali, magari nucleari.

L’invenzione di Mario Palazzetti, ignorata per decenni in Italia, è stata trasformata in realtà. In Giappone con l’Ecowill, realizzato grazie a una partnership tra Honda e Osaka Gas, e, più recentemente, in Germania dalla Volkswagen. Il colosso tedesco dell’auto, in accordo con il dinamico operatore energetico Lichtblick, costruirà centomila esemplari di Ecoblue solo nell’arco nei prossimi cinque anni, cogeneratori domestici derivati dai propulsori a metano della Touran, tecnicamente descritti (durante un’intervista rilasciata a Michele Buono nella puntata di Report “L’auto permettendo”, andata in onda su Raitre alle 21:30 il 9 maggio 2010) dallo stesso general manager VW, Rudolf Krebs, come “la parte anteriore di un’auto”. Sempre nell’intervista di Report il top manager tedesco ha ammesso che l’industria automobilistica mondiale è di fronte ad una grande sfida: deve essere produttiva ed allo stesso tempo salvare posti di lavoro. Possibilità fornita dai micro-cogeneratori, una volta superato, come è avvenuto in Germania grazie alla Lichtblick, il problema di accedere al mercato ed alla distribuzione dell’energia. Una scelta che non solo creerà occupazione sia a livello industriale che impiantistico (queste macchine devono anche essere installate), ma che porterà la Repubblica Federale a beneficiare dell’energia elettrica che produrrebbero due centrali nucleari da 1000 MW ciascuna!

L’impatto di questa tecnologia su crisi ed occupazione nel moribondo settore auto sarebbe enorme perché la cogenerazione diffusa, potenzialmente applicabile a milioni di abitazioni nella sola Italia, non è solo un potente mezzo per triplicare il rendimento di un combustibile fossile, ma un modo per agevolare la necessaria riconversione dell’industria automobilistica. A meno che si pensi di potere ancora incentivare un mercato ampiamente saturo, quello dell’auto, in un Paese come il nostro, nel quale ogni 1000 abitanti ci sono oltre 600 autovetture.

Il successo commerciale dei micro-cogeneratori di energia è indubbia. Ma bisognerà aspettare di comprare dall’estero, nei prossimi anni, un’invenzione italiana? In effetti non sarebbe la prima volta. Dall’ufficio dell’ing. Palazzetti, alla fine degli anni ’60, è nato un dispositivo che adesso si chiama ABS e una volta si chiamava Antiskid, frutto dei brevetti che si sono depositati a quell’epoca. Con l’Antiskid l’ingegnere provocò la legge americana sull’obbligatorietà per veicoli industriali dello stesso dispositivo, che la Fiat produceva negli gli Stati Uniti per il mercato americano. Non fu mai prodotto in Italia, dove si aspettò che negli anni ’80 arrivasse la Bosch con quello che appunto si chiama ancora oggi ABS. Il dubbio è che dovrà succedere lo stesso con i cogeneratori di energia, ripetendo l’esperienza dell’Antiskid: si è inventato il Totem ma si importeranno l’Ecowill e l’Ecoblue.

Ma chi andrà a proporre, a quelli che saranno ormai gli ex-operai della Fiat, l’acquisto e l’installazione in casa loro di una “mini-centrale” Honda o Volkswagen?

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