Ci sono delle volte in cui mi sembra che la realtà sia più finta della fiction, meno plausibile, più iperbolica, e la finzione brutalmente reale. Delle volte in cui la satira mi fa ridere anche se mi accorgo che non sta inventando niente, ma semplicemente sottolinea le dichiarazioni del potente di turno o elenca notizie di cronaca (nera, rosa, politica, fate voi) senza aggiungere nulla. Delle volte in cui vivo pezzi di quotidiano in cui riconosco situazioni incontrate in libri di fantascienza o immaginate in qualche racconto scritto in passato.

Partiamo da qui, da una storia che avevo iniziato a scrivere qualche anno fa, un po’ perché sono sempre stato attratto dalle storie ambientate in scenari futuri difficili, poco auspicabili (si dice distopia?), ma legati, in modo inquietante, a segnali già evidenti nel presente, un po’ perché dopo “Primo, non entrare in banca” mi sembrava di avere ancora delle cose da dire sui condizionamenti imposti e sui meccanismi che regolano i rapporti tra le persone in una società esasperata dal consumismo e dal profitto ad ogni costo. Così avevo immaginato (e incominciato a scrivere) un romanzo in cui il protagonista lavora in una rete di vendita dove ogni suo gesto è controllato da terzi in tempo reale: nella relazione con ciascun cliente c’è qualcuno che lo controlla, che lo incita dall’auricolare, che gli da suggerimenti dallo schermo del suo Pc, che lo sorveglia da una webcam; a ogni risposta che il cliente fornisce, il suggeritore dice al venditore cosa controproporre, a ogni secondo che passa il venditore è incalzato da un’assistenza che gli intima di chiudere la vendita, di portare a casa il risultato, fino ad arrivare a incentivi di tipo fisico, come la trasmissione di piccole scariche elettriche.

Questa la finzione.

Passiamo al reale: estate, autostrada, stazione di servizio, lunga coda, è il mio turno.

Buongiorno.

Buongiorno, un caffè, un’aranciata e un panino.

La commessa schiaccia un tasto e dice: con *** euro può prendere Glace-coffee, al gusto di caffè, fresco e dissetante, e indica una foto cartonata alla sua destra.

No grazie, va bene il caffè normale.

La commessa schiaccia un tasto e dice: con l’aranciata può prendere una borraccia termica – ne indica una che c’è lì a fianco – costa solo *** euro: è comoda, tiene sia il caldo che il freddo, è disponibile in cinque fantasie diverse.

No grazie.

La commessa schiaccia un tasto e dice: con soli *** euro in più può prendere la spremuta insieme al panino, oppure un micro menu speedy, e indica un adesivo sulla vetrinetta sotto la cassa.

No grazie.

Mi dice il prezzo, pago, prendo il resto e mi sposto.

Tocca al cliente dopo, chiede un caffè, la commessa schiaccia un tasto e dice: con *** euro può prendere Glace-coffee, al gusto di caffè, fresco e dissetante, e indica un foto cartonata alla sua destra.

Esco che ho voglia di gridare.

Oppure partiamo da una battuta di Homer Simpson (inossidabile icona) che, sollecitato a tirar fuori le ragioni del suo essere conservatore dice una cosa tipo: “Sì, è ora di finirla con questi messicani gay che attraversano la frontiera per venire a staccare la spina ai respiratori delle ragazze americane in coma!”. Quando l’ho sentita l’ho trovata molto divertente. Poi ho pensato ai proclami di Borghezio, Calderoli, Bossi; a Maroni che per spiegare gli spari sul peschereccio italiano da parte della guardia costiera libica ipotizza, candidamente, che l’avessero scambiato per un traghetto carico di clandestini.

Ho smesso di ridere.

Oppure partiamo da una barzelletta, o meglio dalle barzellette, quelle di quando eravamo bambini, che iniziavano con: ci sono un tedesco, un inglese e un italiano … su un aereo … su un grattacielo … su un autobus. Erano divertenti vero?

E se invece diciamo: ci sono un italiano, un francese e un libico che si occupano … di cultura … di religione … di immigrazione? Vi viene in mente qualcuno in particolare? Vi viene ancora da ridere?

 Ho una proposta: mettiamo Berlusconi alla cassa di un’autogrill, anzi no: Sarkozy e Carla su un barcone nel Golfo della Sirte insieme a un gruppo di Rom, oppure Gheddafi col burka a fare il bidello nella scuola di Adro.

Aiuto, mi si sono otturate le sinapsi.

B.COME BASTA!

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