Lo sguardo è trasparente, ai limiti dell’acquoso. La chioma è lucente senza artifici, naturalmente pariolina. L’uomo è onesto e la carriera social-liberale di tutto rispetto. Di lui si narra ai tempi di Repubblica dell’antinomia con il brillante Zucconi, orfano di notizie ma prolifico di parole e di fascino. Lui la parola ce l’ha sempre un po’ in pizzo, sulla bocchina minuta e flautata. Il presidente di garanzia che doveva essere l’argine contro Raiset, la sentinella di un’aurora dell’informazione, in realtà ha certificato l’esistente. Cioè i rantoli della tv pubblica di cui nel frattempo è anche cronista (“il destino della Rai è segnato: soffocamento dopo lenta agonia”, si lasciò sfuggire qualche mese fa). Una specie di medico legale pre-mortem. Il paziente sta morendo, ma tra l’affetto dei suoi cari. Qualcosa in più oltre alle timide proteste da agnellino al macello sicuramente potrebbe farla. Però bisogna dire che il gioco perverso più grande di lui è responsabilità dell’opposizione che accetta piccole cariche in rai come lo strapuntino da cui guardare con soddisfazione il treno lanciato verso il disastro ferroviario. In realtà però qualcosa di nuovo nella sua nomina c’era: ed è stata una genialata del cavaliere.

Il perfido tuttofare di Arcore ha accettato la proposta di candidare non il solito notabile di sinistra parlamentare ma uno che era dentro il cuore della sua opposizione nel paese reale o quasi, il quotidiano la Repubblica. In questo modo ha messo in mano a lui e a tutti gli scalfàridi una fiaccola che illumina tutte le contraddizioni della sinistra radical chic. Da spegnere con grandi nuotate al circolo canottieri di cui il Paolo è insigne, anche se anonimo, frequentatore.

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