Angelo Vassallo, Nicola Cosentino.
Pio La Torre, Vito Ciancimino.
Piero Gobetti, Amerigo Dumini.

Questi sono i termini della questione qui ed ora.
Se siamo ancora in politica, il tipo di politica in cui siamo è questo.

Il regime uccide i suoi oppositori. Non ci sono ordini dall’alto. Ma non ce n’erano neanche prima. Non è stato Mussolini a ordinare di uccidere don Minzoni. Non è stato Ciancimino a dare l’ordine di uccidere Peppino Impastato. Ma quelle uccisioni erano “necessarie”, erano nella struttura intima di tutto un regime. Per quale motivo il sistema mafioso (che comprendeva, allora, vertici della Dc siciliana) avrebbe dovuto non uccidere uno come Impastato: che pericoli c’erano a farlo? Un lottacontinua di paese: chi se ne sarebbe accorto? E che guai srebbero mai potuti venire dall’uccisione di un povero prete di campagna come don Minzoni? Tutt’e due dannosissimi, localmente. Facili da soffiare. Davvero c’era bisogno di andare a chiedere gli ordini al Capo, di disturbarlo per così poco?

Però Badalamenti era uno dei pilastri palermitani – con Spatola – dell’era democristiana. Però Italo Balbo era uno dei quattro “quadrumviri” del regime. E il capo dei berlusconiani in Campania è un uomo intercettato in conversazioni servili con camorristi, ed è ancora un gerarca, ed è Cosentino. Fra tutti, ieri è stato ancora Don Ciotti a dire la cosa giusta. “Fermatevi tutti un attimo, domattina, alla stessa ora, per ricordare Vassallo“.
Che frase semplice e “apolitica”, da prete. Che frase profondamente politica, rivoluzionaria, da – negli anni Veti – “comunista”. “Sciopero generale, contro il fascismo, un attimo di silenzio e ricordo per Matteotti!“. Questo ha detto don Ciotti, con le sue parole. Sciopero per un attimo, perché questo siamo in grado di fare ora. Solo un attimo. Ma basta, se è un attimo tutti insieme. Perché ci vuole poco a trasformare quel momento in un’ora, e quell’ora in un giorno, e quel giorno in uno “Sciopero generale contro la mafia – contro il fascismo”.

Ecco, la politica è questa. Qui ed ora è questa – lo sciopero generale contro il regime -, non è la trattativa. Non sono Del Bono e Vecchi, non è Federzoni e non è Ciano – non è nemmeno Sua Maestà il Re e imperatore – il nostro interlocutore. E’ quel ragazzo che organizzerà quel mometno di sciopero – solo un momento, ora – nella sua scuola. E’ quel sindacalista che si ricorderà dei suoi antichi (“No al fascio – pane e libertà”). E’ quel muratore rumeno – tutti i muratori di Roma sono rumeni oggigiorno, come già un tempo erano tutti meridionali terroni, o tutti burini – che non sciopererà, adesso, ma per un attimo bofonchierà qualcosa al compagno vicino, là sull’impalcatura.

Dimenticavo. Vassallo era un esponente dell’odiato “Pi Di meno Elle”, esattamente come Matteotti era un “traditore riformista” e Pio La Torre un “moderato” del Pci. “Uniti si vince” dicevamo ua volta, quando si vinceva.

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