L’anno scorso alle Giornate degli Autori della Mostra di Venezia presentai il cortometraggio di Elisabetta Pandimiglio Mille giorni di Vito. Giorgio Gosetti, curatore della sezione, lanciò un appello affinché il piccolo film venisse adottato da un distributore, per permetterne la visione al maggior numero possibile di persone. Ieri, ad un anno di distanza, abbiamo festeggiato l’intenzione della Lucky Red di distribuirlo nelle sale nei prossimi mesi. Intanto i frequentatori della Mostra troveranno in omaggio il dvd del film presso la sede delle Giornate degli Autori, perché io credo che la missione di un produttore debba essere anche quella, attraverso alcuni film che produce, di aprire degli squarci di conoscenza su problemi e temi che spesso ci passano accanto, senza che ce ne rendiamo conto.
 
In Italia esistono persone condannate a vivere dietro le sbarre senza aver commesso alcun reato: i figli, di età inferiore ai tre anni, delle madri detenute. La legge italiana prevede infatti che i figli di donne condannate o recluse in attesa di giudizio possano vivere in aree speciali all’interno degli istituti di pena, fino al giorno del terzo compleanno. Notti  infinite, trascorse rinchiusi dentro piccoli spazi, condivisi con altre mamme e bambini, tra tensioni e inevitabili rapporti conflittuali, che derivano anche dalla convivenza tra donne di culture ed etnie diverse. E poi, al risveglio, il rumore pesante dei cancelli che sbattono, quello tintinnante delle chiavi che girano bruscamente, la perquisizione, la battitura delle sbarre, i passi cadenzati che rimbombano per i lunghi corridoi dove la luce, dall’alto, filtra a fatica, mai decisa, e il cielo entra a pezzi. Regole dure, orari rigidi: gli stessi per piccoli e grandi.

Appena compiuti tre anni, poi, i bambini tornano liberi. Per quanto possa essere stato dannoso il periodo precedente, niente è più doloroso e distruttivo del distacco improvviso dalla madre che, inevitabilmente, ha instaurato con il proprio piccolo un legame speciale.
 
Mille giorni di Vito racconta la giornata di un piccolo ex detenuto, nei momenti che precedono il suo rientro in carcere per far visita alla madre, ancora detenuta. Il tragitto verso il carcere lo riporta inevitabilmente indietro: ogni incontro, ogni evento, ogni passaggio, ogni particolare fa scattare in lui un piccolo corto circuito che vivifica un passato ancora troppo vicino. Prima i viaggi, i trasbordi da un mezzo all’altro, poi le attese, le code, le perquisizioni: tutto per un breve colloquio, che avverrà tra voci estranee, in un ambiente squallido, dove, ancora una volta, il piccolo Vito finirà con il soggiacere alle stesse regole degli adulti.
 
Attualmente in Italia ci sono circa una sessantina di bambini reclusi con le madri. Di bambini come Vito, che settimanalmente rientrano in carcere per far visita, ce ne sono alcune centinaia.

Quando con Elisabetta Pandimiglio decidemmo di fare questo piccolo film, molti ci dicevano che sono numeri troppo piccoli per meritare attenzione. Io  credo che un disagio così grande debba invece essere raccontato, gridato, urlato. Fino a quando anche un solo Vito avrà a che fare con il carcere.

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