Sgombero. Deportazione. Abbandono.

Esattamente un anno fa, la Protezione civile chiude il campo di Piazza d’Armi all’Aquila e qualcuno usa anche queste parole.

Ora, le parole aiutano a riscrivere la storia del terremoto aquilano, una storia dopata da una campagna mediatica che aveva un solo obiettivo: raccontare il miracolo del governo.

Il caso di Piazza d’Armi è solo uno dei tanti micro-shock che si sono rincorsi all’Aquila dopo il terremoto del 6 aprile.

Sono eventi che vale la pena di ripercorrere per raccontare la storia dell’emergenza aquilana come non è stata raccontata prima. Perché non se ne perda memoria storica, perché la storia non si ripeta.

Il campo di Piazza d’Armi era uno dei più grossi campi tendati di accoglienza per gli sfollati.

Il termine “sgombero” non è utilizzato a caso: si comincia con il passaggio dalla gestione del campo della colonna regionale Emilia Romagna al Dipartimento nazionale. Gli accessi ai giornalisti subiscono un ulteriore giro di vite.

Poi, in tre giorni, dal 2 al 4 settembre, il campo viene smantellato e la popolazione trasferita coattamente. Senza alcun preavviso. Con le assegnazioni comunicate agli abitanti da un giorno all’altro.

E’ il momento in cui lo slogan di Berlusconi “Dalle tende alle case”, si rivela sul territorio in tutta la sua mendacità. Molti sfollati vengono assegnati ad alberghi lontani dall’Aquila. Altri alle caserme in cui vivono ancora adesso. Alcuni, pochi, già ai margini del tessuto sociale aquilano, vengono semplicemente abbandonati in tenda: anziani portatori di handicap, ex carcerati, persone che sono sottoposte a terapie metadoniche rimangono per altri due mesi in quelle tende senza più assistenza, fra l’immondizia, senza che qualcuno si prenda la responsabilità delle scelte prese.

Il “Redattore Sociale” ne scrive in questi termini: I servizi igienici non vengono puliti, via la mensa, illuminazione inesistente, niente più volontari né giornalisti. Dopo 5 mesi rimangono 40 “irriducibili”, gli altri “deportati” nella caserma della guardia di finanza.

Poche ore dopo, ecco la potente macchina della Protezione Civile che reagisce con un Comunicato del suo Ufficio Stampa.

I supposti sfollati abbandonati nelle ex tendopoli di Piazza d’Armi sono coloro che hanno rifiutato di lasciare l’area pur avendo avuto la certezza di sistemazioni alternative e molto più confortevoli. Tutti gli aquilani che sono stati trasferiti nella Scuola della Guardia di Finanza di Coppito hanno peraltro più volte e pubblicamente manifestato la loro piena soddisfazione per la nuova accoglienza. L’area di Piazza d’Armi è stata del resto restituita al Comune a far data dal 9 settembre, e nulla può essere imputato alle amministrazioni competenti che assicurano ancora l’assistenza per oltre trentamila persone.

E’ l’Ufficio Stampa  del Dipartimento che, insieme agli slogan filogovernativi, scrive e detta a tutti – o quasi – la storia del terremoto dell’Aquila. Lo sgombero di Piazza d’Armi diventa occasione per scrivere che le tendopoli sono state chiuse. In realtà, per completare la chiusura dei campi tendati ci vorranno altri due mesi. E solo a febbraio 2010, 18mila persone verranno ospitate nelle C.A.S.E. e nei M.A.P. costruiti dall’intervento governativo. Non 30mila come si racconta.

La storia del terremoto dell’Aquila va riscritta.

Guarda la fotostoria dello sgombero di Piazza d’Armi su www.shockjournalism.info

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