E’ una questione generazionale. Sta crollando tutto, sta per cambiare tutto. Avremo finalmente il coraggio di rivoluzionare le regole che ci governano, dando forza e potere a chi non viene da una generazione del post-tutto, pronta a creare con forza e convinzione un post-Berlusconi.

La sensazione che respiro in queste ultime settimane mi riporta subliminalmente alla memoria i giorni del ‘92. All’epoca avevo 19 anni, a cavallo tra il liceo e la vita reale. Era un periodo diverso, profondamente diverso, vissuto senza neanche immaginare Internet né avendo a disposizione nessun prototipo di cellulare. Si telefonava in duplex, di nascosto, si mandavano i telegrammi, ci si vedeva per strada e si manifestava tutti assieme. Eravamo carichi ancora di una rabbia recente, inconsapevolmente sicuri che una nuova epoca fosse iniziata. Uscivamo dagli scontri di piazza, dall’omicidio Moro, per vivere l’attentato al Papa, la tragedia di Chernobyl, il rapimento di Emanuela Orlandi. Ma, soprattutto, vivevamo della prima guerra del golfo in diretta TV, della caduta del Muro.

I giornali si compravano al chiosco vicino alla scuola per decidere dove andare a rivolgere la nostra protesta, convinti che il mondo potesse veramente cambiare. Non capivamo un granché e l’informazione, anche se meno ingabbiata e controllata di oggi, era molto più scarsa. Era l’epoca di Mani pulite, della fine di un regime, del crollo dell’ennesimo, interminabile periodo di soprusi e false verità.

Eravamo pronti a cambiare, e chi tra di noi poteva votare in quel periodo tentò di farlo per il meglio. L’entusiasmo era alle stelle: si respirava un’aria frizzante fatta di nuove idee, buoni propositi, tanti progetti. Si usciva dagli elettronici Ottanta per affrontare quell’ultimo passo che ci avrebbe portato al Duemila: traguardo immaginario dove il genere umano avrebbe dovuto assurgere ad altro livello.

Siamo entrati invece – abbiamo scoperto – in un nuovo ventennio che ha polverizzato i nostri sogni di futuro. Che ha consolidato il peggio dei nostri incubi in una vita pubblica nata dagli avanzi di una catastrofe atomica. Non abbiamo capito, all’epoca, che chi ci indicava la via era contaminato irrimediabilmente, destinato a perire con sofferenza a danno di tutti i fedeli.

Dobbiamo cominciare a costruire ora quello che verrà dopo. Siamo in tanti, con un’esperienza forte, senza più il timore di cadere anestetizzati dietro a qualche riflesso.

Sta per arrivare. E sarà una rivoluzione generazionale, potente, dolorosa, inarrestabile.

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