Tutti insieme, tutti uniti, ma non l’abbiamo già visto questo film? Viene da rivolgere questa domanda a Pierluigi Bersani mentre rilancia la proposta per battere Berlusconi che assomiglia interamente a un deja vu. Nella sua lettera pubblicata da Repubblica – Veltroni ne aveva scritta una al Corriere: ma i leader pd fanno politica solo con missive ai quotidiani? – il segretario del Pd propone tre passaggi: 1) Un governo di transizione per cambiare legge elettorale; 2) una Grande Alleanza democratica per battere Berlusconi e liberarsi dei suoi cascami in grado di aprire «una legislatura costituente»; 3) un Nuovo Ulivo che coaguli attorno al Pd una coalizione omogenea e coesa.

1) Il governo di transizione c’è già stato, nel 1995 con Lamberto Dini. Fu soprannominato “rospo” e solo a distanza di quindici anni si può cogliere quel complimento.

2) La Grande alleanza democratica, poi, fa rabbrividire. La Gad fu l’espressione coniata tra il 2005 e il 2006 quando Prodi, Bertinotti, Fassino e Rutelli misero insieme tutto il possibile – compreso Mastella – per battere Berlusconi. Sappiamo come è finita. Oggi, poi, dovrebbe coinvolgere anche «forze contrarie al berlusconismo che in un contesto politico normale (come già avviene in Europa) avrebbero un’altra collocazione», cioè Fini. Oppure « energie esterne ai partiti interessate ad una svolta democratica, civica e morale», vale a dire Montezemolo.

3) L’Ulivo, infine, è stato coniato anch’esso quindici anni fa. Capiamo la soddisfazione di Prodi per la sua riesumazione ma non è certo un’idea nuovissima.

Insomma, in bocca resta il sapore di un film già visto, e anche più volte. Sembra che la passione dei dirigenti del Pd sia la modellistica politica – “alleanze” più o meno “sante”, cerchi concentrici, vocazione maggioritaria o egemonica – forse perché se si scendesse nei contenuti si troverebbe ben poco. Eppure, a leggersi i commenti pubblicati dai vari profili Facebook di questo o quel dirigente si coglie una distanza dalle persone proprio su questo.

Ma qual è l’idea che ha Bersani per questo paese? Quale l’idea di Vendola e degli altri? A parte la “liberazione nazionale da Berlusconi” e il miraggio di un bipolarismo “non populista” – e su questo, tra l’altro, ci sembra veder germogliare l’ennesima illusione della sinistra radicale che si allinea sperando di ottenere una legge proporzionale – a parte la difesa della Costituzione – ma gli unici a cambiarla in senso federalista sono stati proprio i dirigenti del Pd – non c’è altro. Probabilmente perché non ci può essere altro. Quando era al governo il Pd si è limitato a curare l’esistente, mica a cambiarlo.

E invece ci sarebbe bisogno di porsi grandi domande e proporre risposte importanti. C’è la crisi, c’è una emorragia di posti di lavoro enorme, che si fa? Si prova a incidere su rendite e grandi profitti, recuperando risorse evase da decenni oppure si fa stringere la cinghia ai lavoratori? Si fa un’operazione radicale come la regolarizzazione del precariato nella pubblica amministrazione, a cominciare dalla scuola, per invertire anche qui una tendenza decennale o si va avanti con palliativi? Si ripristina una politica industriale anche riprendendosi alcuni settori nevralgici, come energia, comunicazioni, l’acqua, e strappandole alla logica distruttiva del mercato, oppure si privilegiano coop e multinazionali? Si costruisce una critica serrata alle politiche migratorie securitarie degli ultimi quindici anni che non hanno risolto, anzi aggravato, il problema oppure si strizza l’occhiolino alla Lega? Si fa un piano ecologico del paese per dare una risposta non solo all’Aquila e all’Abruzzo ma alle tante Giampilieri che crollano come sabbia e senza che nessuno le degni di uno sguardo oppure si fanno affari con i costruttori? Potremmo continuare, ma è di idee, di progetti, di cambiamento radicale che questo paese ha bisogno. Basta guardarsi intorno, ascoltare la rabbia e la delusione che venti anni di berlusconismo melmoso e di antiberlusconismo astratto hanno seminato.

E invece siamo ancora una volta di fronte alla coazione a ripetere e a una distanza siderale dai desideri di trasformazione che agitano il paese. Del resto, come non notare, nei progetti di “Grande alleanza”, l’assenza di una critica all’offensiva, dura determinata e efficace che sta portando avanti Sergio Marchionne?

Il paradosso è che mentre il centrosinistra si avvita sulle formule, Berlusconi resta l’unico a parlare di contenuti pur senza averli davvero. Sono i suoi – processo breve, impunità, affari con Gheddafi – o, più concretamente, quelli della Lega – razzismo, secessione, “terroni” di merda – ma sono contenuti che tengono insieme la parte maggioritaria del paese. Oppure sono i contenuti, più sofisticati, di Tremonti – libertà di impresa e dirigismo statale, comunità e stato etico. Ma sono contenuti. E se la sfida non riparte da qui, con una visione radicalmente alternativa, la destra si trasformerà, Berlusconi potrà anche togliersi di mezzo, ma noi vivremo sempre di più in un Paese che pensa che Marchionne sia un “mito” o che quel bimbo rom in fondo la morte se l’è cercata.

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