Giovanna Rizzi. Infermiera. Una donna sorridente alle spalle di un uomo, seduto in poltrona, attorniato da due ragazzi. E un post it: fa’ che questo momento non resti solo un ricordo. E’ la nuova campagna ministeriale per la sicurezza sul lavoro. Alto Patronato della Presidenza della Repubblica. Ora, nel giorno in cui il ministro Tremonti confessa che si può fare tranquillamente a meno della Legge 626, perchè non possiamo più permettercela, questa paginata sui giornali sembra una barzelletta. Ma questa non è materia mia. Quello che mi fa decisamente incazzare è leggere che, accanto al nome della sorridente Giovanna Rizzi, c’è il nome dell’uomo, Emiliano Rizzi. Il Marito. Al centro della foto e al centro del mondo.

Seduto comodamente in poltrona. Segue slogan: qualunque lavoro tu faccia, tornare a casa da chi ti ama è un diritto. Per gli uomini, per le donne forse. Non sapremo mai chi è Giovanna: il suo cognome è sparito. E’ diventata la signora Rizzi, Moglie di un capocantiere al centro della scena. Sguardo basso verso il Marito, un accenno di sorriso materno mentre la figlia mordicchia la guancia del padre. La figura della donna italiana. Moglie, Madre. Punto. Ah, no: anche infermiera. Non si sa mai: dovesse farsi male pure lei! Mi chiedo: come mai il ministro Carfagna, tanto attenta ai problemi di genere, non ha nulla da dire contro l’ennesima spersonalizzazione di noi donne e il nostro perenne inquadramento in un ruolo che ci portiamo addosso dall’inizio dei tempi? E come fa la Presidenza della Repubblica a garantire l’Alto Patronato per un insulto del genere? A meno che, è chiaro, non si tratti di un raro caso di omonimia tra due coniugi…

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