Nel carcere di San Sebastiano il bagno turco è quasi in mezzo alla cella; a dividerlo dai letti a castello è un muretto basso. Nessuna privacy, nessuna igiene, tanto che spesso i compagni di cella litigano per i cattivi odori. Per non dire di quando dalle fogne salgono i topi. Quella di Sassari è una struttura della fine del Settecento, ospita 214 detenuti, a fronte di una capienza di 154. Una parte del secondo piano è crollata anni fa, ma nessuno ha mai pensato di ristrutturarla. E’ bastato spostare le persone, stiparle tutte al primo piano. Nelle celle di sei metri quadri vivono in tre, a volte anche in quattro. Non c’è posto per stare in piedi, si devono fare i turni per mangiare. E non nei piatti, che mancano, ma nelle scodelle.
A visitarlo ieri mattina è stata una delegazione della commissione Giustizia della Camera, Guido Melis e Gian Piero Scanu, e la segretaria dell’associazione radicale “Detenuto ignoto”: “Ero venuta tre settimane fa insieme alla deputata Rita Bernardini, qualcosa è migliorata. Ma resta una struttura da chiudere. Sette anni fa è stato costruito un nuovo carcere, ma – poiché l’appalto era stato vinto da una ditta di Anemone – la magistratura ha bloccato tutto. E pensare che, nel frattempo, Balducci se ne sta nella sua villa con piscina e sauna”.
I detenuti del carcere di San Sebastiano, invece, se alzano gli occhi vedono il muschio sotto il tetto, “come se fosse la capanna di Gesù Bambino – aggiunge Testa – Non ci sono i soldi per la carta igienica e così si usano i giornali o gli stracci, che poi vengono lavati e riutilizzati”. I 57 detenuti malati di epatite C vivono con gli altri, i 56 affetti da problemi psichiatrici non hanno neanche uno psicologo cui rivolgersi. Ben 82 sono in attesa di giudizio.
L’impegno dei parlamentari
Oltre 150 parlamentari hanno aderito quest’anno all’iniziativa dei Radicali sul Ferragosto in carcere. Le visite sono iniziate ieri. Tra coloro che hanno varcato la soglia di un penitenziario anche il deputato Pdl Salvatore Torrisi, che ieri mattina è entrato nella struttura di piazza Lancia, a Catania: “Rispetto allo scorso anno alcuni miglioramenti ci sono (finalmente ci sono le docce in tutte le stanze), ma i problemi permangono. A fronte di una tenuta massima di 300 persone, ce ne sono oltre 500. Molte persone provengono dai quartieri in cui c’è forte disagio sociale. La politica dovrebbe intervenire: si potrebbero apportare correttivi alla legge sulla droga, per quanto riguarda l’uso personale, così come sul piano delle carceri il reato di clandestinità ha peggiorato la situazione”. “Ci sono un centinaio di strutture nuove che potrebbero essere utilizzate – spiega il senatore Idv Stefano Pedica – I parlamentari non dovrebbero limitarsi alla visita di Ferragosto, ma entrare in carcere almeno tre volte al mese, se sperano di cambiare un po’ la situazione”.
Chi paga per la Cirielli
Come accade ovunque, anche a Grosseto sono in molti a pagare per la recidiva. “Si ritrovano a posteriori sentenze che, in base alla legge Cirielli, li riportano dentro – racconta il segretario dei Radicali, Mario Staderini – invece potrebbero stare fuori con misure alternative. Il costo di un carcere come quello di Grosseto, situato nel centro storico, è di 800 euro al giorno per detenuto. Per ritrovarsi poi invasi dai piccioni”. Anche qui sono stipate fino a cinque persone in una cella di 12 metri quadri, con bagni all’interno, senza porta e senza finestra. “Ho incontrato due ragazzi romeni che stavano scontando la pena ai domiciliari e che si erano fatti una famiglia, un lavoro – prosegue Staderini – ora sono tornati dentro e non hanno più nulla. Neanche Internet per conoscere le proposte politiche che risolverebbero i loro problemi”.
Naturalmente non sono mancate le polemiche. Tra i parlamentari che hanno aderito anche Marcello dell’Utri e Nicola Cosentino, il primo condannato a sette anni in appello, il secondo raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Una partecipazione “provocatoria” secondo l’Idv, ben vista invece dai Radicali. Unica notizia positiva, la lettera con cui il ministro Alfano ha comunicato al presidente della commissione sul Servizio sanitario, Marino, la decisione di estendere a tutte le carceri il nuovo protocollo del Pertini di Roma, il reparto detentivo ospedaliero in cui è morto Stefano Cucchi: d’ora in avanti i sanitari saranno tenuti a comunicare direttamente alle famiglie l’aggravarsi delle condizioni di salute della persona detenuta.

Da Il Fatto Quotidiano del 14 agosto 2010

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