Per ottenere la cittadinanza del Montenegro basta investire 500.000 euro all’interno del paese. L’ha comunicato il 9 agosto il governo del piccolo stato balcanico, che si candida ad entrare nell’Unione Europea. L’ex primo ministro thailandese, l’imprenditore miliardario Thaksin Shinawatra, condannato in contumacia per corruzione in patria, è stato lungimirante e ne ha approfittato già a marzo, quando ancora non si parlava di investimenti e di soglie minime. Al riparo dalle turbolenze di Bangkok, sembra che abbia trovato pace sulle splendide spiagge della sponda est dell’adriatico, giusto di fronte al Gargano.

Il paese meno popolato dei Balcani, con circa 670.000 abitanti, ha sofferto una pesante recessione in seguito alla crisi finanziaria ed è ora alla ricerca disperata di investimenti esteri. Porte aperte, quindi, a “investitori stranieri che contribuiranno all’immagine positiva del Montenegro sulla mappa economica del pianeta”.

“E’ molto discutibile che sia sufficiente investire in un paese per ottenerne la cittadinanza”, ha dichiarato a Reuters Stephan Mayer, portavoce della CSU (cristiano-sociali bavaresi) per gli affari legali. “Chiunque paghi questa cifra può ora viaggiare in Germania e in altri paesi dell’UE (dal dicembre 2009 anche in Italia, ndr) senza bisogno di un visto”.

Ma, si sa, tutti i problemi possono sempre essere visti come sfide, che nascondono altrettante opportunità. Certo, il Montenegro non è la Costa Smeralda e nemmeno Antigua, dove il nostro primo ministro ha già pronte sette ville. Altri paesi, come l’isola di Dominica, nei Caraibi, offrono la cittadinanza per molto meno: appena 75.000 dollari.

La giovane nazione dell’ex Jugoslavia offre però una serie di vantaggi che potrebbero renderla appetibile anche per i politici e i faccendieri di casa nostra. Prima di tutto è vicina, a due passi dalla Puglia in nave e a poche ore di aereo dai maggiori aeroporti italiani. E poi ha un’importanza strategica per la nostra economia.

Grazie ai buoni auspici del governo e all’amicizia di Berlusconi con il pluri-inquisito leader montenegrino Milo Djukanovic, “pericoloso contrabbandiere internazionale e favoreggiatore di latitanti secondo le procure di Bari e Napoli” (come ha scritto Repubblica), la multiultility italiana A2A ha acquisito il 43% della società energetica pubblica Elektroprivreda, versando oltre 300 milioni di euro sui conti della Prva Banka, controllata dal fratello di Djukanovic. Un affare di famiglia. In fila dietro a A2A si sono messi anche Terna, pronta a costruire un elettrodotto sottomarino, Enel, che costruirà un impianto a carbone e Duferco, che si accontenterà di un inceneritore. Tra i registi di queste operazioni non poteva mancare il coordinatore del Pdl Denis Verdini, che, già agli inizi del 2009, ha preparato lo sbarco in Montenegro di una sessantina di imprenditori italiani con la collaborazione di Valentini, Urso, la Brambilla e Scajola.

La repubblica di Montenegro è ora pronta ad accoglierli tutti – compresi Bertolaso, Balducci e Anemone – se necessario con uno sconto comitiva. A Djukanovic il pelo sullo stomaco di certo non manca. Con una piccola cifra la cricca potrebbe mettersi in salvo dall’altra parte dell’adriatico nel giro di poche settimane. Se i soldi non dovessero bastare potremmo anche pensare ad autotassarci. Basta fare un rapido calcolo: per trasferire una cinquantina tra politici e faccendieri basterebbe meno di un euro a testa. E’ un’occasione che non possiamo permetterci di perdere.

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