Non hanno retto i troppi attacchi a Fini, e a un certo punto a qualcuno è venuto in mente: chi è Lui per parlare? Poi l’on. Briguglio lo ha detto chiaro e tondo: “Silvio Berlusconi ha il dovere di dire agli italiani come acquistò la Villa di Arcore dove viveva insieme all’eroe Vittorio Mangano, come riuscì ad assicurarsi per soli 500 milioni di lire questo immobile di 3.500 metri quadri con terreni di circa un milione di metri quadri grazie al ruolo di Cesare Previti prima avvocato della venditrice e subito suo legale e uomo di fiducia”. Lo strappo di Fli e la campagna contro Fini portano alla rissa senza regole: fine della politica, fuori gli scheletri dagli armadi, con buona pace di qualsiasi forma di contraccezione linguistica e 16 anni di alleanza. E così, l’ennesimo giorno di fibrillazione del fu Pdl è un autoscontro in cui i protagonisti hanno perso i nervi e se le danno di santa ragione. Mentre fuori dalla rissa, per una volta, Pd e Idv osservano la situazione e provano ad approfittarne.

Bocchino-Bondi-Bocchino

Ad innescare la scintilla anche oggi una serie di interviste. A cominciare da quella rilasciata di Italo Bocchino a la Repubblica. Le possibilità che Fini si dimetta “sono pari a zero”, dice Bocchino al quotidiano di Ezio Mauro. E anzi, prima di lui, “che non è nemmeno sotto processo”, dovrebbe essere “Berlusconi a dimettersi, al contrario imputato in più processi” e con lui “per lo stesso motivo i ministri Matteoli, Fitto e il sottosegretario Bertolaso”. Il presidente della Camera, continua Bocchino, “dipende dal Parlamento che gli dà la fiducia, ma il Parlamento non può e non deve dipendere dal governo”. In ogni caso, si chiede come possa il Cavaliere chiedere le dimissioni di Fini, “proprio lui che è imputato in più processi” come i ministri e il capo della Protezione Civile. “Noi – aggiunge – non abbiamo mai chiesto le loro dimissioni” (non ancora, in realtà, ci andrà molto vicino un altro finiano, l’onorevole Briguglio, nel pomeriggio). Anche se Berlusconi ufficialmente in questi giorni non si è pronunciato, per Bocchino “ci sono prove inconfutabili che lui sia il mandante di tutta l’operazione”: in primis le dimissioni chieste dal portavoce del Pdl (Capezzone) e mai smentite, e in secondo luogo “la raccolta di firme contro Fini arrivata dal Giornale, che è una sua proprietà”.

Che i toni siano particolarmente accesi se ne rende conto il viceministro Adolfo Urso (“vedo follia da disgregazione”) in una intervista alla Stampa. Ma è ormai troppo tardi. La replica dei sostenitori di Berlusconi è battuta dalle agenzie già di prima mattina. Il primo a rispondere è il coordinatore del Pdl Denis Verdini, con una sorprendente quanto involontaria ‘innocenza’. A proposito di Fini, Verdini dice: “Chi è causa del suo mal pianga se stesso. Chi conduce strumentalmente una battaglia per la legalità alzando sempre il dito indice, dovrebbe sempre rispondere con chiarezza e trasparenza”.

Ma la replica più dura, quella che apre la rissa arriva dal ministro per i Beni culturali Sandro Bondi che accusa Bocchino di “essere in stato confusionale” e di “non capire la complessità della politica”. Gli fa eco il ministro Matteoli che accusa il capogruppo di Fli di usare toni intimidatori. Da qui in poi parte il tutti contro tutti con Briguglio e Germontani (Fli) da un lato e Capezzone, Cicchitto, Santelli, Bernini (Pdl) e Osvaldo Napoli – ‘Bocchino si riposi, è stressato’ – dall’altro. Ma Bocchino non perde tempo e contro-replica a Bondi: “E tu, che difendi un plurimputato?”.

Pd-Idv prove tecniche di accordo

In questa ‘follia da disgregazione’, Pd e Idv cominciano a vedere l’opportunità e un punto in comune. E’ il leader dell’Italia dei Valori, con una intervista a Sky, a fare il primo passo e ad aprire all’ipotesi, condizionata, di un governo di transizione. Ribadendo che ‘la coalizione del centrodestra non c’è più” e la necessità “di andare ad elezioni per costruire un’alternativa”, Di Pietro ha commentato la vicenda Fini – “Deve spiegare chiaramente, altrimenti è finito” – e per la prima volta si è detto disposto “a un governo tecnico, garantito dal Capo dello Stato per fare una nuova legge elettorale, una sul conflitto d’interessi e una sulla pluralità dell’informazione”. Il punto, ovviamente, è sempre lo stesso: “Sarei disposto ad allearmi con il diavolo pur di mandare a casa Berlusconi”.

Arrivano, e suonano come un accordo, anche le dichiarazioni del segretario del Pd, Pierluigi Bersani: “Dopo due anni pretendiamo che Berlusconi venga in Parlamento. Se la rottura del mitico predellino portasse ad una situazione tale da rendere inevitabili le elezioni e per giunta con questa vergognosa legge elettorale noi ci rivolgeremmo alle forze del centrosinistra e dell’opposizione per una strategia comune di cui siamo già pronti a proporre e a discutere le basi politiche e programmatiche”.

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