Ho sempre pensato che gli aerei siano il posto ideale per ragionare di letteratura e di libri. Non credo che c’entri qualcosa l’altitudine, e neppure l’aria pressurizzata, né gli indicibili tramonti in quota. Così anche stavolta salgo sull’aereo alle cinque del pomeriggio di un giorno d’agosto e mi dispongo a fare le mie personali e mute considerazioni sulle ultime letture estive.

Dopo qualche minuto accanto a me viene a sedersi una signora intorno ai cinquanta. Mentre cerco di mettere in atto ogni fantasia per dimenticare me stesso, mi accorgo che la signora sfoglia un lettore di eBook. Di tanto in tanto lancio un’occhiata sbieca per indovinare il titolo del libro. È un gioco che faccio spesso in metropolitana, o sulle panchine di un parco, o in una di queste riserve in cui la gente ancora si ostina a leggere i libri. In genere, quando non riesco a venirne a capo, fingo di allacciarmi le scarpe per spiare il titolo sulla copertina. Ma il lettore di eBook della signora in questo momento non prevede alcuna copertina. È un romanzo in inglese, questo è l’unico indizio certo che riesco a carpire, la signora forse è americana.

I problemi cominciano quando mi accorgo di essere caduto anch’io, per un momento, nell’insensata nostalgia dell’universo Gutenberg. Si potrebbe anche chiamarla fede, a volte lo faccio, fede nella carta stampata, nei polverosi archivi di una volta.

A dire il vero qualche giorno fa ho riempito di libri una borsa da viaggio, la stessa, per inciso, che adesso giace stipata di panni malpiegati nella stiva di questo Airbus affollato di vacanzieri in partenza. Dovevo spostare quei libri da una casa all’altra. C’era tutta l’epopea della beat generation su quelle copertine impolverate, qualcosa di Henry Miller, un paio di Céline, tutte le letture che ho consumato nel bruciante volgere dei miei vent’anni. Ho trasportato il tutto nella nuova casa in cui abito, ho battuto le copertine una ad una, ho guardato la polvere che si sollevava, una polvere azzurra, come una pioggia al contrario, come se gli spiriti contenuti in quelle storie di mezzo secolo fa prendessero possesso dei nuovi ambienti, si adattassero al clima, facessero un rapido giro di ricognizione.

Queste sono le consolazioni che ci dispensano i libri di carta. Eppure, nonostante tutto, credo nel progresso dell’uomo, sono un sostenitore del digitale, anche se penso che un oggetto come il libro cartaceo sia quanto di più moderno, ecologico, fruibile, si possa contemplare. Provate a immaginare un altro modo per condensare il mondo in cento fogli di carta.

Si fanno grandi discussioni sul futuro del libro stampato, e nessuno che si interroghi veramente sui contenuti. È come se progettassimo l’avvenire ipertecnologico dei corpi umani senza considerare che il codice autentico di noi stessi è conservato in quella nozione inafferrabile che chiamiamo anima. E poi non è vero che passando da una forma all’altra i contenuti si adattano, la letteratura non risponde alle leggi della chimica. Ci sono schiere di autori massacrati dall’uso imprudente che è stato fatto delle loro frasi migliori, frasi trasposte dai romanzi alle finestre dei social network, frasi svuotate, frasi abusate, frasi tritate nel rito di una cieca adorazione di massa, poeti e martiri liquidati e spogliati di ogni serietà e di cui il vasto universo del web non conserva che pochi versi-slogan buoni per tutte le occasioni.

Chissà se la signora americana che siede tranquilla al mio fianco leggendo la sua bella storia elettronica sul suo nuovissimo dispositivo argentato ha mai riflettuto su tutto questo. Forse non è nemmeno giusto che se ne parli in questi termini. Sono faccende serissime, materia da saggio accademico. E il mio cervello invece è incagliato, non riesce a trovare un punto di mediazione tra la buona nostalgia dei libri e la seduzione della tecnologia. Poi accade qualcosa, accade che una hostess di bordo si accosti alla signora, e con un sorriso gentile le sussurri qualcosa di appena percettibile. La sostanza è che il pilota sta incominciando le operazioni di push-back e l’avviamento dei motori, bisogna spegnere tutti i dispositivi elettronici. Compreso il lettore di eBook. La signora americana naturalmente obbedisce senza fare una piega e ripone il suo lettore nella tasca del sedile antistante.

Ecco, nessuno, mi ha mai chiesto durante un volo di smettere di leggere il mio libro di cellulosa. I libri vecchia maniera interferiscono con tante cose, interferiscono con i ricordi, con i pensieri emotivi, con l’anima delle persone, ma non con gli strumenti di bordo di un aereo di linea. E anche questo, credo, è uno straordinario indice di modernità.

Vedi anche: http://andreapomella.wordpress.com/

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