«Antisindacale». Il verdetto del giudice del lavoro sul licenziamento di tre operai dello stabilimento Fiat di Melfi, avvenuto lo scorso luglio, boccia drasticamente la linea scelta dall’azienda di Marchionne e dispone il reintegro dei lavoratori. Antonio Lamorte, Giovanni Barozzino e Marco Pignatelli erano stati licenziati il 13 e 14 luglio in seguito a un corteo interno alla fabbrica contro l’aumento dei turni in presenza della cassa integrazione. L’accusa fu di aver boicottato la produzione impedendo l’arrivo dei pezzi sulla linea. Un licenziamento «pretestuoso» gridarono i tre che in segno di protesta occuparono per alcuni giorni il tetto della Porta Venosina, un antico monumento situato nel centro storico di Melfi. Attorno a loro, tutti iscritti alla Fiom, due dei quali, Barozzino e Lamorte esponenti della Rsu, scattò la solidarietà degli altri operai e della organizzazione sindacale. Che oggi invita la Fiat a «riflettere su quanto avvenuto» e a ritirare tutti i licenziamenti ancora in essere – quello di Capozzi a Mirafiori e quello di Musacchio alla Sevel in Val di Sangro – per «ripristinare corrette relazioni sindacali».

Raggiunto al telefono, Barozzino, che è stato l’operaio più votato alle ultime elezioni Rsu, non riesce quasi a parlare per la gioia. Attorno a lui se sentono le voci di amici e parenti che stanno congratulandosi e al Fatto riesce però a dire che in fondo se l’aspettava: «Sono stanco, per questo mese sotto tensione ma contentissimo. Abbiamo sempre sostenuto che le accuse non erano vere e il giudice ci ha dato ragione, ha dato ragione al fatto che siamo rispettosi del nostro lavoro ma che vogliamo difendere sempre i nostri diritti». Barozzino si è già sentito con gli altri due suoi compagni, uno dei quali si è appena sposato, il 5 agosto, e ha avuto la buona notizia in viaggio di nozze.

Molto soddisfatto, ovviamente, anche il segretario generale della Fiom, anch’egli raggiunto dal Fatto. «E’ senz’altro una sentenza importante e che restituisce dignità ai tre lavoratori». Landini sottolinea l’importanza di una «magistratura indipendente che costituisce un pilastro fondamentale della nostra democrazia» e invita politici, sindacalisti, ministri e quanti hanno accusato i lavoratori di sabotaggio «a chiedere loro scusa». La Fiom si sente «più forte» e questa sentenza rafforza anche la manifestazione del 16 ottobre prossimo che Landini si augura veda la convergenza di altre forze politiche e sociali.

Contento per la sentenza di oggi anche uno degli altri operai licenziati dalla Fiat, Pino Capozzi di Fiat Mirafiori. Anche’egli si dice convinto che la sentenza confermi la funzione di «rappresaglia» che la Fiat ha dato ai licenziamenti e confida in una positiva risoluzione della propria vertenza.

La Fiat per ora ha deciso di non commentare ma Landini, confermando che la Fiom continuerà ad assistere i lavoratori, ribadisce a Marchionne la richiesta fattagli personalmente lo scorso 28 luglio in occasione del tavolo convocato a Torino dal governo: «Ritiri tutti i licenziamenti, sarebbe un buon passo per ripristinare una relazione sindacale corretta».

Molteplici, infine, le reazioni politiche alla sentenza, tutte da sinistra e tutte soddisfatte. Oltre a quelle di Vendola, di Fassina (segreteria Pd), e dell’Italia dei Valori va segnalata anche quella del segretario generale della Fim-Cisl, Farina, firmatario dell’accordo separato di Pomigliano: «Si conferma che in Italia ci sono diritti e garanzie contrattuali e di legge che valgono per tutti, anche per la Fiat. La strada da battere è quella del consenso e non della repressione».

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