Google e Research in Motion (produttrice del Blackberry), due colossi dell’economia digitale, sono entrati, in rapida sequenza, in rotta di collisione con governi che un redivido Montesquieu faticherebbe a considerare esempi di specchiate virtù. E questi contrasti seguono di non molto il blocco di Twitter in Iran ed in Moldovia, durante violente rivolte di piazza, o il blocco di Facebook in Pakistan. Aggiungiamo, per chi lo avesse scordato, un’analoga diatriba, oggi apparentemente dimenticata, che aveva coinvolto la difficolta’ di intercettarne le comunicazioni Skype, con la differenza che in questo caso sulla rotta di collisione si trovavano governi che delle suddette specchiate virtu’ si piccano di fare gran sfoggio e dare sussieguose lezioni.

Queste vicende riflettono l’escalation di un conflitto sempre più teso tra i vecchi poteri in erosione degli stati-nazione tradizionali e le energie (o, se preferite, i contropoteri) messi a disposizione degli individui e dei gruppi di opinione dalle nuove tecnologie informatiche.

I governi, più o meno autoritari che fossero, sono stati molto lenti nel comprendere l’impatto delle nuove forme di comunicazione e quanto potesse essere dirompente il decentramento delle reti informative. Per anni hanno guardato con benevole disinteresse al fenomeno perché, fortunatamente, nelle stanze dei bottoni polico-amministrativi erano assisi individui tecnologicamente semianalfabeti e culturalmente legati al modello tardo-novecentesco dove la TV costituiva l’oppio o il manganello (a seconda dei casi) per le masse, mentre la carta stampata formava l’opinione pubblica più istruita. Internet era rimasta a lungo un’entità estranea e per questo trascurata e sottovalutata. A meta’ tra la curiosita’ e il divertissment. Se ci fate caso, ancora oggi nelle rassegne stampa dei Ministeri, del Parlamento, delle aziende, delle banche (ma anche di Radio Radicale che almeno dovrebbe essere più avveduta) entrano solo i giornali. Per esempio vengono inseriti il Riformista, La Padania, Europa et similia con tirature da ciclostile, mentre siti web di informazione come quelli del Popolo Viola, LaVoce o NoisefromAmerika sono completamente ignorati anche se raggiungono un pubblico molto più vasto.

Ma da quando anche nelle stanze del potere si sono accorti che internet è uno strumento politico con una massa critica tale da mettere in pericolo gli equilibri consolidati e sfidare il potere costituito, le tensioni si sono esacerbate di colpo. Le briglie sono state bruscamente tirate. Chiaramente il terreno retorico di scontro scelto dagli spin doctors delle nomenklature non e’ stato la liberta’ di opinione, la liberta’ di espressione, la liberta’ di comunicazione, i diritti civili. Le tecniche di persuasione sono oggi più sofisticate (Berlusconi, a parte qualche ayatollah, è rimasto l’unico a dire apertis verbis che c’è troppa libertà di stampa). Gli argomenti addotti sono — comme de rigoeur anche da prima dell’11 settembre — la sicurezza, il terrorismo, il traffico di droga, vale a dire le paure profonde instillate goccia a goccia nella psiche collettiva.

Quindi è facile prevedere che gli scontri si moltiplicheranno e saranno sempre più virulenti. La prima battaglia del Blackberry si è conclusa in Arabia Saudita con un compromesso. Quanto onorevole e’ difficile da stabilire sulla base delle informazioni disponibili. Comunque l’accesso alle email, agli SMS e ai Blackberry Messages su semplice richiesta del governo, senza che sia stabilito un criterio di legge verificato da un sistema giudiziario indipendente su cosa sia accessibile e in che circostanze, va considerato una sonora sconfitta. Ma sarebbe ingenuo pensare che sia un problema dei Sauditi. Nei democraticissimi USA la legislazione di emergenza istituita dopo l’11 settembre conferisce alle agenzie di sicurezza di accedere a tutte le comunicazioni dei cittadini senza nemmeno uno straccio di autorizzazione. E il democraticissimo Obama in questa materia (come in troppe altre) non si distingue dal predecessore.

In conclusione, le pulsioni autoritarie non sono appannaggio dei soliti sospetti, ma uniscono come in un minuetto un po’ tutte le autorità. Il governo americano, attraverso la Clinton, ha almeno battuto un colpo in difesa di Research In Motion. Ma non mi risulta che alcun governo europeo e nessuna istituzione comunitaria che abbia profferito verbo in materia. Mi vorrei sbagliare, ma purtroppo nutro il dubbio che non si tratti di una coincidenza.

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