L’invasione non è stata fermata. Gli sbarchi continuano. Ciò che cambia sono le rotte. Non più la Sicilia, ma il Salento. Cambiano anche le imbarcazioni. Non più solo carrette del mare, ma anche imbarcazioni di lusso. I nuovi sbarchi passano sotto traccia, coperti dalle parole del ministro dell’Interno Bobo Maroni per il quale “l’accordo con la Libia ha restituito la vocazione turistica a Lampedusa”.

Sarà, ma all’alba di ieri proprio a Lampedusa sono sbarcati trentasette migranti che dopo aver raggiunto l’approdo di Cala Francese, sono stati bloccati dalla Capitaneria di Porto. E ancora: 236 persone, quasi tutti eritrei, due settimane fa sono arrivate a Portopalo di Capo Passero nel siracusano. Dopo lo sbarco, la maggior parte è riuscita a disperdersi nel territorio.

Tutto prosegue come prima. C’è la Sicilia, ma anche la Puglia. A Otranto sono stati ben cinque gli sbarchi dall’inizio dell’estate. L’ultimo, avvenuto nella notte tra il 19 e il 20 luglio ha coinvolto sessanta persone. Quasi tutti cittadini iracheni, iraniani e afghani, tra cui dodici minori e due neonati.

I numeri ci sono ed “è per questo che si può parlare a tutti gli effetti di una ripresa degli sbarchi”. Oliviero Forti, responsabile Immigrazione della Caritas italiana, non ha dubbi e rilancia: “Gli arrivi a cui stiamo assistendo potrebbero presto aumentare”. La stretta sulle rotte siciliane sta deviando le imbarcazioni. “Il Salento si candida a diventare la nuova frontiera”, spiega ancora Forti. “Inoltre, i trafficanti stanno rivedendo la loro organizzazione. Per la prima volta ci troviamo di fronte a migranti trasportati su imbarcazioni di lusso”.

E’ stata la Questura di Lecce a chiedere il supporto delle Caritas diocesane pugliesi per assistere i migranti. Si tratta per la maggior parte di persone che vengono in Europa in cerca di asilo politico. “Tutti casi – conclude Forti – che richiedono un impegno più deciso da parte del governo e investimenti che consentano un’accoglienza dignitosa”. È la stessa Agenzia europea per la gestione delle frontiere dell’Unione, Frontex, a comunicare un aumento del 50% dei migranti che attraversano la frontiera turca per entrare in Grecia e da lì proseguire, anche verso l’Italia.

Ma gli stessi patti siglati con la Libia potrebbero riservare delle sorprese. Il negoziato per un accordo quadro in corso tra Libia e Unione europea sta incontrando ostacoli per il finanziamento delle apparecchiature che Gheddafi intende installare lungo i confini meridionali del suo Paese. A oggi, l’Unione non intende coprire l’intero costo. Alle difficoltà nelle trattative si aggiungono i dissapori seguiti a una risoluzione approvata il 17 giugno, con cui il Parlamento europeo esprimeva preoccupazione e forti critiche verso i trattamenti dei migranti da parte della Libia.

Gabriele Del Grande, fondatore Fortress Europe, l’Osservatorio sulle vittime dell’emigrazione, ritiene che potrebbero essere queste alcune delle ragioni che hanno portato nei giorni scorsi al rilascio dei 205 eritrei detenuti a Brak dopo la rivolta di Misratah del 29 giugno, e all’annuncio della possibile liberazione di altre tremila persone.

“La Libia non può mantenere queste persone”, ha detto Hafed Gaddur, ambasciatore libico in Italia. “Il messaggio è chiaro – dice Del Grande – . Gheddafi non intende fare il cane da guardia per l’Europa se questa non lo finanzia nella misura da lui richiesta. Vedremo cosa accadrà nei prossimi mesi. Se le partenze dalle coste libiche dovessero riprendere – afferma Del Grande – significa che le nostre preoccupazioni erano fondate”.

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