Dalle Alpi alle piramidi dal Murazzano al Reno. Non si ribelli l’anima di Manzoni ma questo leggero calembour consente di unire con un filo ideale l’importanza e la vocazione geografica di un alimento rilevante e seducente come il formaggio. Questo elemento non è altro che un prodotto fermentato del latte, ottenuto con la coagulazione della “crema del latte” seguita dalla separazione tra la “cagliata”, la parte depositata, ed il siero. Può essere vaccino, pecorino, di mucca, di capra purché sia fresco e se possibile Dop, denominazione di origine protetta.  I formaggi Dop in Italia sono già 38.

The higher the tastier

Come recitava un vecchio adagio “in montagna il gusto ci guadagna”. Il latte da alpeggio è più genuino, più pregiato e dà al formaggio una struttura e un’eleganza che li contraddistingue all’interno del panorama complessivo di produzione nazionale. Il Fromadzo, la Fontina, il Taleggio, ma anche i cugini Rebochon Abondance e il teutonico Gailtaler Almkäse tutti figli delle Alpi, espressioni diverse di un territorio unico. Una sfida produttiva tra questi paesi che vede l’Italia insieme alla Francia e alla Germania sul podio dei maggiori fornitori e consumatori. Medaglia di bronzo dopo Grecia e Francia, con un consumo pro capite di 23,2 kg all’anno.

Antipasto o dolce?

Antipasto all’italiana: olive formaggi e salumi. Ecco più o meno il grande classico del ‘900. Una scelta tradizionale, una sicurezza, tanto che quando si valica il confine verso la Francia e timidamente si chiede per abitudine un piatto di formaggi come ors d’oevre (nient’altro che antipasto), la risposta è spesso piccata e accompagnata da risolini che evocano “ah les Italiennes”. I nostri cugini, infatti, sostituiscono il dessert con il formaggio, o forse sarebbe più corretto dire che lo considerano tale. Una cosa è certa: che funga da apripista, che venga utilizzato per stuzzicar qualcosa durante l’aperitivo, o che invece sia un sobrio dessert, il formaggio deve essere parte della dieta giornaliera.

Le “piramidi” americane

Ogni dietista che si rispetti ha nel suo studio la cosiddetta “piramide alimentare”. Concepita negli Stati Uniti nel 1992 dal dipartimento della Agricoltura (USDA). La sua funzione è quella di dare un’indicazione di massima su come orientarsi nella scelta delle quantità per ogni cibo. Dal 1992 al 2005 la piramide era divisa con criterio orizzontale. Nel 2005, però, la piramide è cambiata e adesso è divisa a spicchi. Il restyling non ha però tolto di mezzo i latticini e i formaggi che campeggiano ancora come elementi necessari per una dieta sana e equilibrata.

Croce o delizia, virtù o peccato

Parmigiano 30gr, mozzarella 50gr e così via. Grammature ferree di assunzione dei formaggi nelle diete, quelle che li prevedono, naturalmente. Privarsene è una sofferenza. Mangiarli una goduria. In Italia sono più di 400 le varietà e quasi tutti buoni, desiderabili. Alcuni più di altri. C’è chi ci ha costruito sopra degli imperi, e chi addirittura ne è diventato maître, maestro, per il suo amore perverso per un alimento così unico e diverso allo stesso tempo. Ogni formaggio ha una sua vita, una sua evoluzione e collocazione nell’arco della giornata. La ricotta di mucca è un formaggio virtuoso, leggero, digeribile, poco grasso. Il tête de moine è ostico, persistente, voluttuoso. Anche questo cibo, che nasce come rurale può avere il suo bright side di moralità e il suo dark side di immoralità in relazione al gusto alla stagionatura all’intensità. Forse il segreto e custodito nel dna francese

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