Immaginate di essere un giovane inventore, o meglio un artista. Anzi, entrambe le cose. E che mentre ancora frequentate la vostra bella accademia d’arte a Berlino, tirate fuori dal cappello un’invenzione che qualunque multinazionale o agenzia pubblicitaria vi pagherebbe a peso d’oro. Che fate? Scegliete l’Arte o il Denaro?

Julius Von Bismarck, ventiseienne artista tedesco alto due metri, barbone e capelli tagliati a caschetto come un personaggio di un film di Tim Burton, quel dilemma l’ha vissuto due anni fa. Di giorno artista, di notte avido lettore di libri da politecnico, Julius ha progettato, brevettato e realizzato il “Fulgurator. A vederla, sembra una normale macchina fotografica professionale. Ma in realtà è un dispositivo capace di proiettare delle immagini nel mondo reale. Immagini che però non sono visibili a occhio nudo. Soltanto i flash delle altre macchine fotografiche ne registrano la presenza, imprimendole nello scatto. Il vecchio dilemma alla Blow Up del “è reale ciò che vediamo?”, brillantemente attualizzato all’epoca della riproducibilità digitale.

Con la sua invenzione in spalla, Julius si sbizzarrisce. Prima di essere eletto, Obama tiene il celebre discorso pubblico a Berlino. Julius proietta col suo Folgoratore una croce (la vedete nella foto) sul leggio del futuro presidente “per sottolineare l’artificiosità di quella scena”, spiega, “un evento costruito ad arte per conferire a Obama un che di messianico”. Parte per la Cina e durante le Olimpiadi di Pechino folgora con una colomba bianca il volto di Mao. I tanti turisti presenti al mausoleo cliccano a ripetizione il tasto play delle loro macchinette fotografiche, senza capire che diavolo sta succedendo e perché una colomba si è magicamente disegnata sul viso del Grande Capo. Il Fulgurator non risparmia neanche il sindaco di Berlino, Klaus Wowereit, folgorato sulla giacca col simbolo della compagnia O2, “smaccatamente favorita” dal primo cittadino nella costruzione della nuova sede aziendale, costata le penne (e i mattoni) a un isolato che per decenni aveva ospitato locali notturni e di ritrovo per artisti. Scempio imperdonabile per Julius, cresciuto a Kreuzberg, uno dei quartieri più politicizzati di Berlino.

Una folgorazione dopo l’altra (passando per un tripudio di imprecazioni dei fotografi di mezzo mondo, costretti a cancellare le incursioni di Julius a colpi di photoshop) arrivano le offerte delle multinazionali per comprare il brevetto del Fulgurator. Vi immaginate che pacchia sarebbe per McDonald’s un aggeggio capace di folgorare a scopi pubblicitari la Torre Eiffel, il Colosseo o l’Empire State Building con la “M” più famosa del capitalismo globale? Ogni scatto di un turista, un mare di pubblicità. Direttamente dentro la vostra compatta digitale.

Un incubo? Eccome. Ma questa è la storia di un artista, non di uno spietato alfiere del marketing. Julius rifiuta tutte le offerte. Una valanga di soldi. Non dice la cifra esatta. Meglio non pensarci. Spiega invece ciò che l’ha spinto a inventarsi il folgoratore. “Le immagini sono più difficili da mettere in discussione delle parole. Una qualità sfruttata da media, politici, militari, governi per influenzare le persone in maniera invisibile, ma tremendamente efficace. Il compito dell’arte è incrinare l’apparenza, non fare pubblicità”.

Il tremendo dilemma l’artista lo risolve insomma da artista. E con deliziosa manovra, lui che ha tenuto in nome dell’Arte il brevetto del suo fucile a immagini, poco tempo fa si inventa un’altra macchina portentosa. La chiama, insieme al collega Benjamin Maus, “Perpetual Storytelling Apparatus”: un braccio meccanico/database che setaccia i sette milioni e mezzo di brevetti registrati dal 1790 a oggi e li disegna all’infinito, svelando le connessioni tecniche tra un boccaglio, una tuta da astronauta, un carroarmato, un computer portatile e un satellite alimentato a energia solare. Julius Von Bismarck, l’uomo che ha impedito al baffo della Nike di invadere le nostre foto ricordo. L’artista del brevetto.

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