A Londra la privatizzazione ha cambiato nome. Si chiama “trasferimento di poteri” dal settore pubblico ad “associazioni di cittadini”, viene definita più ottimisticamente “denazionalizzazione”, come se lo Stato fosse un mostro opprimente che rende grigio e burocratico ogni aspetto della vita civile. Lo straordinario attacco alla sanità pubblica in Inghilterra è uno degli atti fondativi del governo liberal-conservatore, che promette di dare una vera e propria scossa al sistema del welfare, toccando per prime scuole e ospedali. Permettendo così allo Stato di risparmiare, solo in questo settore, la bellezza di 20 miliardi di euro nei prossimi due o tre anni.

Il piano delineato dal responsabile della sanità, il conservatore Andrew Lansley prevede lo smembramento del National Helth Service in una pluralità di imprese locali, guidate dai medici di famiglia, ai quali verrà affidato non soltanto l’onere organizzativo, ma anche quello gestionale. Il buon vecchio dottore passerà così dal compito non semplice di assistere i pazienti nei loro bisogni basilari, all’onere di gestire un budget che ammonta annualmente a circa 80 miliardi di sterline, e rappresenta uno dei settori centrali – e più cari per lo Stato – della pubblica amministrazione. Eliminate così 10 autorità sanitarie centrali, e 152 trust che raccolgono dirigenti inseriti nel quadro del settore pubblico, il progetto indica la creazione di qualcosa come 500 consorzi composti dagli stessi medici di base. Una vera frantumazione che il governo presenta come il passo decisivo di avvicinamento alle esigenze dei pazienti, che saranno, ha affermato Lansley nell’intervento alla Camera dei Comuni, più vicini ai loro medici, più informati e in definitiva più liberi di scegliere.

Limitata all’Inghilterra – in Scozia, Galles e Irlanda del Nord la sanità è devoluta alle autorità locali – e fatta eccezione per alcuni settori specialistici, come quello psichiatrico, lo scossone già annunciato da Cameron già all’indomani della vittoria elettorale, divide verticalmente le opinioni degli addetti ai lavori. Contrasto ben rappresentato durante il programma Radio 4 trasmesso dalla BBC, che ha ospitato le opinioni del dottor Darin Seiger e del dottor Kambiz Boomia. Favorevole il primo, che a Northampton gestisce dal 2007 la più grande associazione inglese di medici di famiglia, composta da 350 dottori che si prendono cura di 650.000 pazienti. Decisamente contrario Booomia, che esercita la sua professione nell’Est End londinese. E spara a zero: perché i medici dovrebbero diventare imprenditori? Questo non porterà forse al conflitto degli interessi privati e alla perdita di uno standard di assistenza sanitaria equamente diffusa sul territorio?

Destatalizzazione o privatizzazione. Le parole saranno pure importanti, ma non cambiano le cose.

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