Avevamo saggiato il suo piglio autorevole e inflessibile un anno fa, quando Grillo decise provocatoriamente di candidarsi nelle fila del PD. Il niet di Ceccanti fu implacabile.

Lo abbiamo mirato un mese fa nella sua lotta dura e pugnace contro i facinorosi dipietristi che sventolavano lo spauracchio dell'”ostruzionismo duro” nella discussione del ddl Alfano in Senato. Battaglia sanguigna sostenuta eroicamente da Ceccanti assieme ai suoi colleghi di partito. Non importa che questa bagarre con Tonino strida alquanto con la promessa di barricate e di “totale ostruzionismo”, che lo stesso senatore Ceccanti aveva dichiarato “urbi et orbi” il 9 marzo a proposito del decreto salva-liste e di quello sul legittimo impedimento. Ma si sa, quei buontemponi del PD sono sempre una miniera di sorprese avvincenti, quasi come Voyager di Giacobbo.

Lo abbiamo rimirato meno di un mese addietro nel ruolo di fustigatore ad alta tensione morale e civile, quando, assieme ai suddetti colleghi, ha mazzolato quel vetero-stalinista di Fabrizio Gifuni, reo di aver esordito un suo spettacolo con un astruso “compagne e compagni”.

Ma l’autentico climax del “ceccantismo” si è registrato ierisera, durante la puntata della trasmissione radiofonica condotta dal giornalista Cruciani, affiancato in questa occasione da Angelo Maria Perrino, direttore di “Affari Italiani”. Tema della discussione: il ritiro dell’emendamento 1.5 al ddl intercettazioni, emendamento di cui Ceccanti è stato il primo firmatario. Il retromarcia del PD è imputabile allo scoop realizzato dal Fatto Quotidiano, che proprio ieri nel titolo di prima pagina avanzava una domanda lecita e sacrosanta: perchè mai i senatori del PD vogliono garantire al Presidente della Repubblica uno scudo totale, sottraendolo, durante il suo mandato settennale, a qualsiasi legge penale?

Ceccanti, dopo aver febbrilmente profuso comunicati ai più disparati organi di stampa, dopo aver pubblicato un’epistola al direttore Padellaro sul proprio blog, dopo aver snocciolato a getto continuo dichiarazioni sul proprio profilo facebook, viene intrappolato nella botola radiofonica di Cruciani e letteralmente tramortito da una gragnuola di sberle. Il conduttore gli chiede ripetutamente il motivo per cui il PD ha ritirato l’emendamento e Ceccanti scodella tutti i pezzi più forti del suo repertorio politichese: snocciola frasi più indecifrabili dell’I Ching, respinge le incalzanti richieste di Cruciani con un accorato “aspetti!”, afferma che l’emendamento era una “riduzione del danno” (mantra che ricorre ogni dieci fonemi pronunciati dal senatore) e, apoteosi sublime, dichiara, contrito, che il Fatto ha creato un “cortocircuito comunicativo”.
L’esilarante dibattito è tutto assaporabile nel video, in cui, nelle battute finali, spiccano le parole ineffabili del direttore di “Affari Italiani”. Per lui il PD ha commesso un errore nel ritrattare l’emendamento e nel dar retta a quei sediziosi del Fatto Quotidiano: avrebbe dovuto, infatti, spiegare con una conferenza stampa i motivi, secondo lui ineccepibili, dell’emendamento di Ceccanti “prima che gli effetti del titolo del Fatto dispiegassero la LORO FUNZIONE NEGATIVA”).
Ma con cuore commosso e con aplomb sacrale si compiace del fatto che Ceccanti abbia compreso il suo terribile peccato.

A fronte di tutto questo ambaradàn, è’ proprio il caso dire che il Fatto Quotidiano ha suonato le trombe e il PD, come Gerico, è crollato. O solo incespicato. Checchè ne dica il buon Perrino.

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