La sconvolgente immagine di migliaia di terremotati che cingono d’assedio la residenza privata del Presidente del Consiglio, dopo essere stati manganellati dalla polizia, in altri Paesi rappresenterebbe il fotogramma finale di qualunque esecutivo. Anche perché Silvio Berlusconi, mentre fuori la folla protestava (pacificamente) perché il governo aveva deciso di far pagare con gli arretrati le tasse a chi non ha ancora una casa e un lavoro, era semplicemente a pranzo con i suoi ministri e discuteva cosa fare sulla legge bavaglio.

Ragionava cioè su una norma illiberale che il Parlamento dei nominati ha votato, su sua richiesta, all’esclusivo scopo di impedire ai cittadini di essere messi al corrente delle innumerevoli ruberie di cui si è resa protagonista questa classe dirigente. Una legge su cui tutti (o quasi) avevano consigliato al premier di non insistere. E che, come era perfettamente prevedibile, si è alla fine rivelata una pericolosissima mina per l’esistenza stessa del governo.

Un capriccio, insomma. Al pari dei capricci di Maria Antonietta che quando il popolo chiedeva pane rispondeva “se è finito, mangino brioche”.

Ora, è del tutto ovvio che nessuno si augura che il Cavaliere faccia la stessa fine della regina poi ghigliottinata. Ed è altrettanto ovvio che in democrazia le uniche rivoluzioni devono essere non violente ed esercitate tramite il voto e il Parlamento.

Ma è altrettanto chiaro che, arrivati a questo punto, un qualunque tipo di capovolgimento politico s’impone per il bene del Paese. Nonostante in 100 deputati in più rispetto all’opposizione, il governo si è dimostrato assolutamente incapace di fronteggiare la crisi economica. Due anni sono stati persi per cercare di risolvere le questioni personali di Berlusconi con la giustizia. E anche se, tra gli elettori del Pdl ve ne sono ancora molti convinti (secondo noi a torto) che il premier sia un perseguitato, le persone di buon senso non possono che arrivare a una conclusione: Berlusconi non conviene.

L’Italia non ha più un minuto da perdere. Deve essere governata da qualcuno che non trascorre i suoi fine settimana ad Arcore o in Sardegna circondato da simpatiche fanciulle. Ci vuole un esecutivo fatto di persone responsabili, grandi lavoratrici e possibilmente giovani (o più giovani) perché chi è arrivato a 74 anni di età ha tutto il diritto (e anzi, in questo caso, il dovere) di mettersi in pensione.

Prima che ciò accada, però, occorrerà ancora del tempo. Il motivo per cui le immagini dei terremotati manganellati, dopo essere stati ingannati e offesi, non sono ancora sufficienti per arrivare a una caduta, è semplice. Chi doveva diffonderle nell’immediato (il Tg1 delle 13,30) non lo fa come dovrebbe. E cosi ai cittadini – ma in questo vi è pure una grossa responsabilità dell’opposizione – non viene nemmeno ricordato che il braccio sinistro del premier sotto assedio, Cesare Previti, è un corruttore di giudici, mentre quello destro, Marcello Dell’Utri, è un uomo dai rapporti talmente forti con Cosa Nostra da essere stato per due volte condannato per fatti di mafia.

Eppure ricordarlo sarebbe utile per capire come sia falsa pure l’immagine del Berlusconi imprenditore di successo. Come sia fasulla la favola dell’uomo in grado di trasformare in oro tutto quello che tocca (e quindi anche l’Italia).

L’origine delle fortune del Cavaliere è in parte oscura e in parte (purtroppo) chiarissima. Berlusconi si è fatto strada nella vita grazie a rapporti con la politica basati su scambi di denaro (21 miliardi di lire a Craxi, 70 milioni versati da Gianni Letta al segretario Psi, Antonio Cariglia, 300 milioni dati da Aldo Brancher al ministro della sanità De Lorenzo) e grazie alla compravendita di magistrati che gli hanno così regalato sentenze e aziende (la Mondadori).

La sua abilità in campo economico non ha nulla di grandioso. È solo quella del più furbo e del più spregiudicato. Non per niente tutte le soluzioni fin qui adottate dal suo esecutivo per far cassa s’inseriscono in questo filone: condoni fiscali ed edilizi, denaro in nero fatto rientrare dall’estero.

Ora però i nodi stanno venendo al pettine. E nonostante l’informazione di regime, anche grazie al sacrificio dei terremotati aquilani, il re, se pure non è ancora nudo, è almeno un po’ meno vestito di prima.

E così, cercando di non restare senza pantaloni, Berlusconi corre sempre più veloce lungo la discesa. Ma la strada è ripida. E tutti sanno, anche nel suo governo, che tra poco inciamperà.

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