Panico tra le mamme romane: il sindaco Alemanno ha deciso, dalla sera alla mattina, che gli asili nido non chiuderanno più alle 18, ma alle 16.30. Nessuna consultazione, neanche l’ombra di una trattativa: solo un pezzo di carta, perentorio, che porta la data del 9 marzo scorso. Nessuno che sia stato avvertito: né i genitori, né le insegnanti.

A fine febbraio le educatrici, convocate dall’assessore Marsilio per alcune “comunicazioni” avevano sentito odore di tagli. Ma la campagna elettorale per le regionali non era il momento migliore per gli annunci in grande stile. La notizia è arrivata come una doccia fredda, nel giorno in cui le famiglie sono state chiamate a confermare l’iscrizione per il prossimo anno. Loro, magari, pur di trovare un asilo che tenesse i figli fino al tardo pomeriggio avevano cercato mesi, vinto la lotteria delle graduatorie e conquistato a fatica un pezzetto di quello Stato sociale che è diventato raro come l’oro.

Ora, una firma del sindaco spazza tutto via. Il termine per chiedere trasferimenti in altri nidi è già scaduto, e comunque l’unico nido che in ogni quartiere continuerà a garantire il servizio fino alle 18 non potrà accogliere tutte le domande della zona. I genitori prima hanno provato a protestare con una lettera spedita in Campidoglio. Risposta: “Comprendiamo bene le sue difficoltà”, “ce ne rammarichiamo”, altri giri di parole per dire che quell’ora e mezza costa troppo e che è tutta colpa del “fardello di un debito ereditato dalle passate amministrazioni” e di non meglio precisati “cambiamenti della società”. Poi, ventuno di loro hanno deciso di rivolgersi ad un avvocato e insieme hanno presentato ricorso al Tar del Lazio.

Nell’attesa del corso della giustizia, le alternative per chi non ha la fortuna di avere nonni vicino (e a Roma sono tanti) restano solo due. Portare i pargoli in un asilo privato oppure cercarsi un lavoro part time, rinunciando a stipendio e carriera. Superfluo immaginare che a scegliere – o la borsa o la vita – alla faccia dei “cambiamenti della società”, ancora una volta saranno le donne.

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