Nuovo pezzo di giornalismo alle cime di rape orchestrato dal mirabolante Minzolini: stavolta, durante l’edizione serale del Tg1 del 2 luglio, viene propinata una inutile quanto grottesca intervista agli “intercettatori”, che qui raccontano la propria “sfortunata” vita tra spernacchiate degli intercettati e lunghe ore di ascolto di conversazioni.
 
Da notare le domande pungenti e sagaci dell’intervistatrice Barbara Carfagna, che insiste a più riprese con quesiti simil-boccacceschi (“non le è mai capitato di sentirsi in imbarazzo davanti a una scena…magari, le capita…di sessooooo?”). Eccelse domande esistenziali, sorrette dall’onnipresente proposito di battere sempre il chiodo su una questione demonizzata disonestamente dal clan governativo e dai suoi corifei prezzolati: la tanto declamata tutela della privacy.

E tutto questo florilegio di menzogne è ossessivamente ripetuto come un caterpillar caricato a castronerie, a dispetto della lapidaria sentenza con cui il sistema giudiziario italiano fu giudicato all’unanimità dalla commissione Giustizia del Senato il 29 novembre 2006: “le garanzie che il nostro sistema legale assicura al cittadino non hanno l’eguale presso alcuna democrazia occidentale”. Questo documento fu consequenziale ad una richiesta di indagine promossa dai senatori Polito e Dell’Utri (che coincidenza barbina!), che si proponeva evidentemente di esecrare le tanto vituperate intercettazioni.
 
Ma quattro anni fa non avevamo la fortuna di degustare giornalmente il MinCulPop-Minzoliniano. All’epoca, il glabro direttorissimo era tutto casa e gossip, a differenza di oggi. Ma anche no.

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